Sono in difficolta’, lo ammetto. Quella che mi accingo a fare e’ una recensione che ogni appassionato di musica spera di fare il piu’ spesso possibile, ovviamente in realta’ succede molto, molto raramente: sto parlando della recensione di un capolavoro. Un disco destinato ad entrare nel novero degli immancabili, quella ristretta schiera di lavori destinati ad essere ricordati come di importanza superiore (e di molto) alla norma. Leggendo la formazione non si puo’ fare a meno di soffermarsi sul primo nome, quel Jim Peterik che dovrebbe essere conosciuto a chiunque pensi di conoscere qualcosa riguardo la musica rock. Peterik e’ l’autore di innumerevoli canzoni degne di essere definite “hit single”, quel tipo di canzoni che riescono a far vivere un disco quasi da sole, molte di loro a firma Survivor, uno dei gruppi rock melodici piu’ importanti di sempre.
I Pride Of Lions sono al loro secondo lavoro sulla lunga distanza dopo l’eccellente esordio omonimo dello scorso anno, ma questo “The destiny stone” e’ qualcosa di difficilmente paragonabile, con questo disco Peterik riesce ancora una volta a schizzare dritto nell’olimpo del rock melodico grazie ad un disco fantastico, privo di qual si voglia caduta di tono, privo di difetti e, quindi, virtualmente perfetto. Si, la perfezione non e’ di questo mondo ma qualche volta si ha la netta sensazione di esserci maledettamente vicini, ecco questo e’ uno di quei casi. L’incredibile “The courage to love somebody” che apre il disco fa capire immediatamente che suonare rock melodico non significa non saper essere aggressivi e graffianti, “Back to Camelot” rappresenta il primo momento piu’ intimo invece raggiungendo livelli qualitativi impensabili, non nascondo che gia’ al primo ascolto mi sono trovato a seguire le singole canzoni con enorme entusiasmo visto il valore del disco.
Ora devo riparare ad un piccolo torto che, finora, ho perpetrato in questa recensione, ovvero l’aver ignorato per un po’ l’altra anima dei Pride Of Lions ovvero Toby Hitchcock, giovane cantante dalla voce indescrivibile, degno successore di gente del livello di Lou Gramm o Steve Perry non tanto come somiglianze ma come impostazione vocale, capace di essere caldo e “basso” oppure aggressivo e “alto” con una disinvoltura propria solo dei grandi, dei piu’ grandi.
I duetti vocali fra Peterik e Hitchcock sono quanto di meglio si potesse chiedere per impreziosire gli arrangiamenti e le canzoni proposte, tutto e’ perfetto ma non per astrusi ritrovati tecnici, bensi’ per un miscelarsi perfetto (o pressoche’ tale) di talenti e capacita’ musicali.

Potrei continuare ad elogiare questo disco con altri aggettivi superaltivi, potrei decantarne ogni singolo brano ma sarebbe cosa inutile e forse stucchevole, quello che conta realmente e’ che siamo di fronte ad un disco bellissimo, un must assoluto, indubbiamente uno dei dischi di rock melodico migliori dell’ultimo lustro almeno, degno di essere annoverato al fianco dei mostri sacri del genere.
Mai come in questo caso vi invito a seguire il mio consiglio di far vostro questo immenso lavoro, concentrato di melodia, di emozioni sotto forma di note, Peterik e’ una garanzia assoluta, Hitchcock una stella nascente di primissimo valore, non fatevi scappare il disco dell’anno, andate a comperare “The destiny stone” dei Pride Of Lions!

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