Ed ecco a noi il nuovo album dei tedeschi Primal Fear, il quinto per essere più precisi. Il gruppo non ha mai nascosto il suo amore viscerale per i Judas Priest e i precedenti album ne sono un esempio lampante. Ci si potrebbe allora chiedere se sia mai possibile che i cinque possano, seppur minimamente, allontanare la propria musica da quella del gruppo inglese ma la risposta sarebbe piuttosto scontata: no.
I Primal Fear sono, e sempre saranno, la miglior cover band dei Judas Priest, inutile aspettarsi qualcosa di diverso. E come potrebbero d’altronde con un cantante dalla timbrica halfordiana come Ralph Scheepers che ad ogni disco sembra assomigliare sempre di più al grande Rob.
Quest’album quindi non rivela minimamente nessun cambio stilistico rispetto ai precedenti lavori. Perchè snaturare il loro modo di essere, sembrano voler dire. E perchè chiederlo, aggiungo io, se lo fanno in maniere più che egregia.
L’album è quindi condito dalla prima all’ultima nota di citazioni dei loro idoli e sfido chiunque a non trovarne.
La produzione iperspettacolare sostiene dei brani che hanno il loro punto di forza nella ruffianeria dei ritornelli tipica del combo, con i riff aggressivi e incisivi dei chitarristi che svolgono ottimamente il loro compito, con il drumming serrato, del bravo Randy Black (ex Annihilator) e una prova sempre impeccabile del grandissimo Scheepers che dona ai brani una verve irresistibile con la sua interpretazione.
L’album viene aperto nel migliore dei modi con quello che, a detta del gruppo, vuole diventare un nuovo inno metal: “Metal Is Forever”. Il brano è quanto di più scontato ci si possa aspettare anche se risulta parecchio efficace nel continuo ripetersi del ritornello cantato a squarciagola da Ralph. Non poteva, ovviamente, poi mancare l’ennesima versione di “Painkiller” che qui è rinominata e modificata in “Sea Of Flames”
Abbastanza mediocre risulta la lenta “The Healer” che apre la più sostenuta “Sacred Illusion” in cui fanno capolino di tanto in tanto dei riff più thrashy. Decisamente più interessante si rivela “In Metal” che inizialmente doveva dare il titolo all’album. Il brano in sè prosegue il discorso ruffianeria iniziato con “Metal Is Forever” e che quindi gioca tutto sul ritornello.
Accelatore premuto, invece, per “Soulchaser” che, insieme alla successiva “Colony”, ricorda molto di più quanto fatto precedentemente da Scheepers nei Gamma Ray.
Più prettamente power/thrash è la veloce e altanelante “Heart Of A Brave” che precede l’inutile ultima traccia, dato che è solamente un outro parlato.
Questo nuovo lavoro non lascerà sicuramente il segno, come del resto i precedenti album, ma i Primal Fear sanno benissimo catturare comunque l’attenzione. Nessuno griderà mai al miracolo ascoltando la loro musica ma godrà di canzoni scritte appositamente con l’intenzione di omaggiare i Judas Priest e farvi passare quasi un’ora di sano headbanging.