Prog rock psichedelico rivisto attraverso un’ottica più moderna e con una vena pop, così si può definire tutto sommato abbastanza bene la musica dei Pure Reason Revolution (il cui nome è probabilmente ispirato a Immanuel Kant). Le canzoni di questa band suonano come una miscela di Pink Floyd, Muse, Porcupine Tree, The Mars Volta e pure qualcos’altro. L’apertura del disco è già esplicita in questo senso, essendo l’opener un lungo brano strumentale onirico che deve molto ai Pink Floyd seguito da “Goshens Remains”, una bella canzone abbastanza popeggiante ma dal feeling prog che ospita anche qualche momento folkeggiante e che suona più moderna rispetto all’intro. In queste due tracce si intravedono già i binari lungo i quali si muoverà tutto il disco, che prosegue con “Apprentice Of The Universe” e le sue atmosfere spaziali ed elettroniche (che ad un certo punto esplodono e diventano più “fisiche” in un crescendo di energia) e con “Bright Ambassadors Of Morning”, un omaggio che la band porge ai suoi ispiratori. Questo brano (il cui titolo penso sia una citazione di “Echoes” dei Pink Floyd) dura quasi 12 minuti e continua le sperimentazioni accennate con la precedente traccia, richiamando la musica settantiana a cui i Pure Reason Revolution si rifanno. Con “Nimos & Tambos” si torna invece ad atmosfere decisamente più moderne che richiamano Muse e The Mars Volta (il risultato è abbastanza interessante) mentre poi la successiva traccia tenta di raggruppare in sè un po’ tutto dividendosi in due movimenti, il primo più atmosferico e retrò, il secondo più moderno e movimentato (il risultato però in questo caso non è granchè). La successiva “Bullitts Dominae” si apre invece in maniera molto affascinante (l’attacco ricorda i Dredg) e coinvolge l’ascoltatore grazie al suo mix tra richiami alla musica settantiana e patina moderna, che risulta in questo caso ben riuscito. Chiudono infine il disco in maniera più che soddisfacente due tracce divise in due movimenti l’una, la prima è composta da un breve movimento un po’ bucolico e da un ben più lungo secondo movimento avvolgente e dinamico dal feeling più “attuale” rispetto al resto del disco, la seconda è invece più retrò e ricorda un po’ i Porcupine Tree (riprendendo nel secondo movimento “Bright Ambassadors Of Morning”).
Globalmente “The Dark Third” risulta quindi un buon disco, tuttavia soffre un po’ di alcuni difetti, l’ascolto non scivola infatti sempre come dovrebbe e c’è qualche lungaggine di troppo, inoltre la band dovrebbe cercare di affrancarsi un po’ di più dalle sue ispirazioni. Viste le premesse mi aspetto in futuro cose interessanti dai Pure Reason Revolution, senza contare che comunque già ora non ci si può di certo lamentare.