Un tanto microscopico, quanto scoraggiante passo avanti. A poco più di un anno di distanza dal noioso ed insipido ‘Government Denies Knowledge’ i Requiem ritornano con un disco svogliato, che più che a migliorare la carente base mostrata nel lavoro precedente, punta a rattopparne alla meglio i buchi.
E’ così che il terzo disco della formazione svizzera stride con la classica prova di maturità, divenendo il solito calderone di influenze mal dosate. Il risultato sono dieci brani che, a differenza del passato, non si fermano a saccheggiare la tradizione death a stelle e strisce, ma sconfinano disordinatamente anche in quella europea. Diventa dunque facile, all’interno dello stesso disco, sentire riferimenti al death svedese degli Unleashed così come a splendidi riff riciclati ad arte dai Bolt Thrower mischiati a tutti i pesanti riferimenti che avevano scandito la precedente uscita. Trovate che, in qualche sporadico caso, prese singolarmente, potrebbero non suonare malaccio ma che considerate nel contesto-disco divengono insopportabili per la pigrizia con cui sono proposte. Un quadro già descritto miriadi di volte nel quale l’arma della tentata varietà si ritorce contro il combo elvetico, divenendo nient’altro che un diverso tentativo di emulazione. Migliora la produzione, cambiano le carte in tavola, ma il risultato finale diventa, oltre che poco personale, anche maledettamente disorganico. Fuori strada.