Dopo aver militato nella band di Blaze Bayley, i chitarristi Stave Wray e John Slater danno vita a questi Rise To Addiction, compagine dedita ad una forma molto moderna ed anche personale di heavy rock.
Il secondo disco della band, questo “A New Shade Of Black For The Soul”, si presenta al pubblico forte di una produzione altamente professionale (Andy Sneap alla console, già con Opeth, Machine Head…) e di una manciata di pezzi formalmente perfetti. Questo, in effetti, è il pregio migliore dei Rise To Addiction: saper comporre brani dalle qualità tecniche inattaccabili e forgiare poi il tutto con una padronanza strumentale assolutamente all’avanguardia. Quello che manca, però, ad un disco di questo tipo è un po’ di spessore a livello di songwriting. Sebbene “A New Shade Of Black For The Soul” non si possa assolutamente definire un album derivativo, non si può non notare come i Rise To Addiction abbiano imbroccato la strada giusta in maniera altalenante, partorendo ottimi pezzi come “Cold Season” e nefandezze immonde come “To A God Unknown”. Un disco a corrente alternata, dunque, in grado di esaltare ed annoiare l’ascoltatore in egual misura.
Ovviamente c’è poco da dire sulla prestazione della band, formalmente impeccabile, quello che rattrista è vedere delle ottime potenzialità compositive essere sfruttate solo in parte, frapponendo mestiere ed esperienza ad una sana e sviscerata passione per la musica. Promossi con riserva…