Sicuramente uno degli album più attesi in ambito black metal 2010 è stato quello dei Sargeist. La formazione finlandese, nelle quali fila militano membri di Horna e Behexen, nel corso degli anni ha saputo ritagliarsi uno spazio importantissimo all’interno della scena black metal, fino ad innalzarsi allo stato di band di culto. Sicuramente tutta l’attenzione nei loro confronti è dovuta al debut “Satanic Black Devotion”, album uscito nel 2003, seguito a distanza di due anni da “Disciple of the Heinous Path” e da una miriade di spilt di ottimo valore. Tornando a “Disciple of the Heinous Path” devo dire che rispetto al suo predecessore perdeva molto del fascino che il debut aveva, ma che con il passare del tempo ho saputo rivalutare, sempre però considerandolo un gradino o anche due al di sotto, rispetto a “Satanic Black Devotion”. Sono passati cinque anni dal secondo full della band, cinque anni nel quale i membri della band hanno sdoganato parecchio materiale con le loro band di origine e che hanno fatto sì che l’animo dei Sargeist covasse un fuoco sotto alla cenere, pronto a incendiarsi e a far infiammare la fiamma nera che brucia prepotente nel loro nucleo. “Let The Devil In”, diciamo subito, per chi vi scrive, è un capolavoro, di certo uno dei migliori dischi black metal dell’anno e forse non solo dell’anno. I Sargeist hanno un suono riconoscibile al primo ascolto e una formula ormai collaudata che non si sono sentiti di cambiare, ma che hanno amplificato fino al punto massimo, enfatizzando le melodie chitarristiche malinconiche, ma mai pacchiane o easy, che da sempre sono state il loro marchio di fabbrica, ma in generale di tutto il movimento finlandese. “Let The Devil In” è un inno, una continua invocazione a Satana, che punta sull’immediatezza del riffing, su strutture semplici e la forte carica emotiva, che, tutti e dico tutti, i brani posseggono. Ogni singola canzone è una perla nera, incastonata in un rosario diabolico, cariche di pathos e che ad ogni singolo ascolto mettono i brividi, tanta è l’intensità di ogni singolo riff. E’ impossibile fare una cernita fra le canzoni migliori del disco, perché tutte sono degne di ergersi a piccoli capolavori, dalla iniziale “Empire Of Suffering” alla conclusiva “As Darkness Tears the World Apart”, passando per “Discovering the Enshrouded Eye”, “Burning Voice of Adoration” e la title track, tutte fanno sussultare l’animo di chi ascolta. Da citare anche la produzione, che segue quella di “Disciple of the Heinous Path”, ma è resa ancora più profonda, in modo da esaltare ogni singolo strumento e lo scream di Hoath Torog, mai come in questo album degno di essere la voce di Satana. Un album imprescindibile per gli amanti del black metal. Hail Sargeist.