Nuovo full length per i Savage, una band che nei primi anni 80 sicuramente non era passata inosservata, ma che ora ci riprova, torna con un cambio ,ovvio, dei componenti rispetto agli inizi e che dal 2006 vede Chris Bradley per basso e voce e Andy Dawson alla chitarra, nonché i due fondatori della band, il figlio di bradley Kristian bravo chitarrista e Mark Nelson come batterista. La band heavy metal di Mansfield, niente meno che spaccatrice di un epoca che vedeva l’impetuosità e la rabbia del punk inglese fare da padrone sulla scena, riesce ad attirare l’attenzione del palcoscenico musicale attraverso le sue sonorità grezze e metalliche creando, come altre band pioniere di questo genere, (basta solo che dire Black Sabbath ed abbiamo già detto tutto) la cosiddetta new wave of british metal.
Ebbene sì, ci ritoviamo alla fine davanti a per così dire dei “mostri sacri”, che nel tempo per, ovvie ragioni, dato che la loro fondazione risale al 1976 , hanno visto il cambio dei componenti, ma hanno decisamente mantenuto la loro essenza metal di cui avevano impregnato i loro album ed analizzando il presente, posso dire già da inizio recensione, soprattutto che hanno mantenuto questa caratteristica per quanto concerne la parte strumentale.. Ricordiamo anche che i Metallica in una demo dell’82 avevano coverizzato la loro ‘Let it Loose’. Ma vanno soprattutto ricordati per il loro album ‘Loose and Lethal’ dell’83 per la Ebony records , che risultò come una sorta di pietra miliare per il metal, soprattutto appunto in quel periodo ed in quel luogo. Vorrei citare anche ‘Hyperactive’ dell’85 che era davvero spettacolare. Già , “impregnare” è il termine giusto, in quanto, senza tante messe misure i loro album erano orgasmici e non dico qualcosa di esagerato.
Pensando che sono stati influenzati da Ufo, Van Halen, , Deep Purple , Thin Lizzy e Led Zeppelin, potete già capire il genere di album e di dischi a cui ci troviamo di fronte e le cui sonorità sono similari agli ispiratori citati. Mi piacciono i loro lavori passati e questo ultimo album, (a distanza di 11 anni dall’ultim full length “Xtreme Machine”) , uscito il 2 aprile, è bello seppur non travolgente riuscendo a non smentireil loro timbro classic metal/hard rock con influenze ovviamente blues metal . Già il titolo ha catturato la mia attenzione alla prima lettura : “Sons of Malice”, direi accattivante, se pensiamo e guardiamo la copertina dell’album seppur sia abbastanza semplice. Figli della malizia, figli dei vizi, come angeli dalle ali nere, pieni di soldi, ma con il volto triste. Sembra assolutamente banale ed invece già quell’immagine e quella frase mi ha colpito parecchio. Estetica della copertina a parte, passiamo all’album. Concentrandomi sul disco direi che la parte strumentale è quella riuscita meglio, quella vocale di Bradley lascia un attimo a desiderare. Ovviamente ognuno ha i propri gusti ma non so, ho avuto la percezione di una via di mezzo tra Hetfield degli ultimi tempi e Kilmister (a grandi linee). Sicuramente ne verrebbe fuori un bel connubio tra queste due voci , però a mio parere Bradley non si è saputo affiancare molto bene alla parte strumentale in una discreta parte dell’album. E come se quando ascolti un disco lo paragoni ad un elettrocardiogramma; per quanto mi riguarda ci vogliono degli sbalzi per dare energia ad un album o comunque per renderlo più caratteristico e meno monotono, soprattutto in questo genere di metal in forza di dargli più “valore partecipativo” all’ascolto, per così dire. Ecco è il caso di dire che la voce purtroppo lo rende alquanto piatto, senza variazioni e risulta staccata dalla parte strumentale purtroppo, ma ribadisco non in tutto l’album ma in alcune, anzi in molte parti sì, per essere coerente ed obiettiva.
Sicuramente se ci fossero state più variazioni e una voce più rude avrebbe sicuramente funzionato maggiormente. Ribadisco è questione di gusti, ma la sento davvero staccata e non da valore magari alla parte strumentale, che personalmente trovo davvero fatta bene e quindi la penalizza. Insomma per farla breve non è il Bradley di una volta e la sua lentezza o stacco rispetto al resto probabilmente, senza offesa, va a pari passo con l’età e la differenza dai lavori passati si sente eccome… Darei 4 per la parte strumentale, ma faccio scendere a 3 per obiettività e per coerenza con i miei voti solitamente bassi. Consiglio tuttavia questo album a chi piace qualcosa di non eclatante dal punto di vista heavy , ma buono per quanto concerne la parte hard rock/blues e detta come va detta, per chi ovviamente non razionalmente, apprezza la voce di Bradley anche se cantasse in un coro alpino. Colgo così l’occasione per consigliare a chi non li conoscesse bene di ascoltare i lavori passati e quindi poi fare un confronto con il presente. A voi l’ascolto e “la sentenza”.