Finalmente! Magari per molti di voi il nome Shadows Of Steel è del tutto nuovo, ma questa band è stata una delle prime nel Bel Paese della cosiddetta new wave of Italian heavy metal. Tra le file degli Shadows Of Steel troviamo musicisti poi affermati in altre band come il tastierista Andrea “Andrew McPauls” De Paoli (Labyrinth, Vision Divine) e il batterista/tastierista Frank Andiver (Wonderland, Labyrinth).
Questo “Crown Of Steel”, concepito dal musicista Frank Andiver, è di fatto il terzo full-length album degli Shadows Of Steel uscito però dopo circa una decina d’anni dal precedente “Second Floor”. E finalmente possiamo godere di un gran bel disco di melodic power con tutti i crismi e i numeri del caso.
In “Crown Of Steel” possiamo trovare sette gemme di power speed (più una ballad) dall’alto tasso melodico, in cui le twin guitars creano trame davvero coinvolgenti nel pieno stile del gruppo. Una ritmica veloce e potente, ma al contempo varia, e la voce alta e acuta di Wild Steel, fanno il resto. I musicisti coinvolti ci sanno davvero fare, mettendo sempre le loro doti al sevizio del singolo pezzo, in cui la melodia alla fine risulta la vera protagonista. È poi impossibile non riconoscere il tocco di De Paoli alle tastiere, che impreziosisce ogni brano col suo tipico stile, donando una ventata d’aria fresca ad ogni composizione.
Probabilmente la title-track (Ice Reaven/Wild Steel), come si usava una volta, è il brano simbolo del disco: dopo un intro tastieristico, le chitarre cominciano a macinare riff supportati da una ritmica martellante e dal lavoro vorticoso di De Paoli. La voce di Wild Steel ci guida fino al ritornello che esplode glorioso ed epico! Chitarre e tastiere si sfidano negli assolo come da migliore tradizione. Splendido!
Anche la successiva On The Waves Of Time (Frank Andiver/Ice Reaven/Wild Steel) si muove su queste coordinate in cui si scatena nuovamente Andrea De Paoli lasciando la sua impronta sul brano. Nightmare (Frank Andiver/Ice Reaven/Wild Steel), a discapito del titolo, si distingue per il coro davvero melodico e trascinante, che entra in testa e si fa cantare fin da subito. Sul finire del brano troviamo anche l’apporto di un ospite di eccezione che credo, e spero, non abbia bisogno di presentazioni: il buon Roberto Tiranti vola alto con la sua ugola d’oro regalandoci sprazzi di classe.
Menzione a parte per Recall (Frank Andiver/Wild Steel), l’unica ballad del disco che però non ricalca pedissequamente gli stilemi del pezzo sdolcinato. Una vena malinconica pervade nel cantato di Wild Steel e il suono si fa decisamente più classico anche se le tastiere rimangono presenti lungo tutta la durata del brano.
L’album si chiude splendidamente con Cast Away (Frank Andiver/Wild Steel): nuovamente uno strepitoso power melodico, con Tiranti a duettare con Wild Steel nel finale.
“Crown Of Steel” si rivela quindi come un album più che buono che farà la felicità di tutti gli amanti di certe sonorità molto in voga negli anni ’90, che di base si ispirano alla vecchia scuola helloweeniana (o alla relativamente più recente lezione degli Stratovarius). C’è da aggiungere che la bravura dei musicisti rende comunque interessante l’ascolto anche a chi non è particolarmente avvezzo al genere, grazie alle influenze classiche che fanno parte comunque del bagaglio della band. Dategli un ascolto, non ve ne pentirete.