Dead Memories è l’album- debutto che nel 2010 ha sfornato il trio belga Shellcase, trio composto da Dave Varlet, cantante e chitarrista, dal bassista Steven De Cleer e dal batterista Jan Chrlier.
Sebbene non sia una grande appassionata di post grunge, i Shellcase cercano di catturare le ombre di Pantera, Solfly ed Alter Bridge. Nella complessità dell’album non si può dire che non abbiano raggiunto tali scopi e tale miscele. Un album in piena linea post grunge ma dai tratti più calcati e meno ‘commerciali e commerciati’ rispetto a gruppi P.G. come Nickelback , ad esempio. A partire dalla copertina dell’album, che ritrae una bimba zombie, con occhi grandi e cerulei, uno sguardo infantile, triste e rabbioso, dritto verso chi guarda, ci può già far intuire come potrebbe essere l’interno di questo album e infatti :
L’album è molto valido perché si discosta dal post grunge più romantico e banale e slitta verso atmosfere più spigolose ed a tratti molto ritmate e marcate. Abilissimo Dave con chitarra e voce e da lodare, soprattutto, per l’interpretazione che è capace di dare ai testi abbastanza poveri nei contenuti, ma d’altronde ci troviamo in un genere che non richiede testi molto impegnati. Più bravo nei pezzi lenti, nelle parti semiacustiche e nelle ballad piuttosto che nei pezzi più duri. Ancora meglio è la sua abilità con la chitarra e questa, a parer mio, dovrebbe tenersela molto stretta nel caso in cui decidano di cambiare line up. Nelle canzoni migliori Segnalo “Faith?” , dove troviamo efficaci ritornelli coinvolgenti, una linea interpretativa vocal- strumentale, interrogativa reale e profonda, rispetto al testo che per l’appunto si chiede dove sia la fede. Da segnalare anche l’ipnotica Lobotomy con stacchi un po’ più energici. Valida anche Cold dove ci capto un po’ di “The Great Misconception of me degli Wasp”, soprattutto nei pezzi più “supplicanti”. In Pain addirittura mi sembra di aver fatto un salto nei Blink 182 (sento un bpm più lento di Adam’s Song) , il tutto unito a dei più maturi Tears for Fears di “Raoul and the King od Spain” e non nego così che in molte parti lente, me li ricordano un sacco. Ironia o compatibilità della sorte, l’album scema parecchio su “Fatigue”, forse sono davvero affaticati per passare a “Forgive me”, dove non vorremmo dimenticare Dave e co., perché in fondo hanno dimostrato di essere un po’ fuori dagli schemi noiosi del solito post grunge. Con Paradiso Perduto ci si rimette sulla retta via, per concludere con una deliziosa canzone omonima dell’abum, Dead Memories per l’appunto, che fa chiudere in una sorta si antitesi musicale l’apertura del disco. Sento molte influenze stilistiche ed anche di genere.
Struggente, malinconico, rabbioso, supplicante e… femminile. Sì ,questo è un disco rivolto, a mio parere, ad un pubblico femminile o a un pubblico maschile parecchio “sensibile”, insomma un disco abbastanza strappalacrime per più della metà, che va bene quando si è davvero depressi o parecchio malinconici. Il contenuto in linea con la copertina e con i testi, sulla fiducia, mi fa dare un 4. Hanno ancora da crescere, ma sono sicura che cambiando o aggiungendo qualche componente un po’ più ‘cazzuto’, possano trovare la giusta strada per sfondare. Bene la lunghezza delle track, male la lunghezza dell’album . Si spera che la prossima volta mettano meno canzoni simili tra loro.