Un lavoro con il botto, quello dei triestini Sinestesia che pubblicano uno degli album piu’ belli che mi sia di capitato di sentire negli ultimi tempi. “The Day After Flower” è un lavoro di cui andar fieri ed immaginarsi quanto di meglio si possa per questo quintetto, con alle spalle un debutto ufficiale nel 2007 omonimo forse un po’ troppo sottovalutato. Prodotto dal nome illustre di Franz Di Cioccio dei P.F.M, oggi ritornano e lo fanno alla grande senza dimenticare proprio niente, proponendo un prog metal con tinte hard rock di notevole spessore, di grandi vedute che si adatta a soddisfare di chi nella musica cerca l’originalita’ senza mai perdere di vista il feeling che ogni buona canzone deve possedere. Merito soprattutto di una grande forza compositiva, di trame potenti e melodiche, dense di classe e professionalita’ con una perfomance maiuscola di R. De Micheli alla chitarra e da un ispiratissimo vocalist R. De Vito, a suo agio piu’ che mai, anche se i meriti sono da attribuire sinceramente a tutti i fantastici ragazzi di questa band senza nessuna distinzione vista la splendida prestazione.
Ma entriamo in merito con l’iniziale “Hero” per capire subito in che mondo deve immergersi l’ascoltatore, con un intro emozionante da urlo per quello che sara’ da subito un pezzo dove viene spiegato bene di che pasta sara’ fatto l’album. A seguire la solare “Feast” con quel refrain ritmato e un ritornello piu’ da rock song che la rende davvero irresistibile mentre con “The Birth, The Death, Trance By The River” che supera i 10 minuti di durata siamo di fronte a una song che si colloca tra i must dell’album che riassume tutto il succo dei Sinestesia, dotata di una forza e bellezza difficile da descrivere a parole. Con “Burning Times”, la strumentale “C.W.A. Prelude” e la granitica “Cold War Apocalypse” che si colloca tra le best del lotto, esploriamo l’aspetto piu’ duro e profondo, piu’ veloce e diretto del prog metal che intendono intraprendere in questo viaggio. “Violet” invece non è altro che una dolce semi-ballad dal gusto orientale, dove oltre la prova acustica va citata la prestazione ruffiana “style J.Rudess” alle tastiere di A. Bravin e la voce che qua risulta carezzevole e vellutata. Con “Twilight” invece la band secondo modesto parere personale raggiunge il massimo dell’espressione musicale, con una musicalita’ davvero bella e particolare, intensa e originale, ma questo viene scritto perché piaciuto tantissimo dal sottoscritto che la portera’ sempre con se nella colonna sonora della sua vita. La chiusura invece viene dedicata ad una ballata triste con tinte liriche e riflessiva con parole in italiano molto emozionante dal titolo “Memento”.
In conclusione un album di livello assoluto, un bel biglietto da visita che non sfigura per niente se paragonato a lavori di altri gruppi internazionali e non solo piu’ blasonati . Da avere a tutti i costi.

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