A distanza di tempo dalla loro ultima release, “Nine destinies and a downfall” dei Sirenia di Morten Veland esce poco dopo “Illumination” dei suoi ex compagni Tristania. Rispetto a quel lavoro la nuova fatica dei Sirenia fa una figura decisamente migliore, tuttavia è evidente quanto i primi dischi dei Tristania, in cui tutti erano uniti, fossero su un altro livello. “Nine destinies and a downfall” si presenta come una versione più popeggiante di quanto fatto in precedenza dal gruppo, la base resta quindi quel gothic atmosferico e liquido (le canzoni hanno un certo che di “subacqueo”) con inserti estremi, elettronici ed orchestrazioni tipico dei Sirenia, tuttavia questa volta il cantato sporco appare raramente ed anche le orchestrazioni e i cori sono decisamente meno invasivi ed opprimenti rispetto ai dischi precedenti. La voce della nuova cantante Monika Pedersen è l’elemento più in evidenza dell’album e le canzoni sono molto più incentrate sulla sua interpretazione (pulita e leggera) piuttosto che sui suoi contrasti con un cantato più brutale, inoltre l’elettronica (già molto presente anche nei lavori passati) è questa volta più orientata al pop e rende le composizioni decisamente orecchiabili. Anche la struttura dei pezzi infine è più assimilabile rispetto a quanto fatto precedentemente, a testimonianza della volontà di produrre un disco più fruibile dal grande pubblico (la tendenza gothic easy listening che da qualche anno a questa parte si fa notare nelle classifiche probabilmente ha avuto un suo peso in questa scelta), tuttavia bisogna dare atto alla band di avere composto un disco piuttosto gradevole da ascoltare e comunque abbastanza riconoscibile come “prodotto dei Sirenia” (che sebbene non siano originalissimi hanno comunque un loro stile). Se volete provare qualche pezzo i miei consigli si orientano su “The other side”, un brano molto ruffiano ma dal ritornello capace di fare subito presa (è la traccia del cd che preferisco), “The last call”, una canzone abbastanza negli standard del genere ma fatta molto bene e dotata di una curiosa apertura elettronica che ricorda un po’ i Boards Of Canada, e “Absent without leave”, gradevole e con dei cori e degli stacchi che richiamano il passato della band.
In conclusione “Nine destinies and a downfall” è un disco abbondantemente sufficiente e piuttosto godibile, seppur tutt’altro che un capolavoro, che dovrebbe piacere senza problemi ai fan della band. Certo che “Widow’s weeds” e “Beyond the veil”, sebbene a loro volta non originalissimi e debitori dei Theatre Of Tragedy, erano tutt’altra cosa…