Rimasto piacevolmente colpito e soddisfatto dal precedente “Thickskin”, album che vedeva il ritorno in grande stile, dopo molti anni di assenza, degli Skid Row è con immensa curiosità che mi appresto a dare ascolto alla nuova fatica degli americani ma appena inizio a sentire “Revolution per minute” mi accorgo subito che qualcosa non va tanto che mi chiedo se quello che sto ascoltando sia il cd giusto: l’album non suona affatto come me lo immaginavo.
La band del New Jersey ha dato una netta sterzata al proprio sound andando ad abbracciare territori punk oriented che spesso sconfinano nel country più “selvaggio” (“When God Can’t Wait” e “You Lie”) facendomi solo sorridere. Purtroppo con l’uscita dal gruppo di Sebastian Bach la band sembra aver perso le proprie coordinate musicali e stilistiche e quanto si ascolta in questo nuovo album assomiglia più all’orribile proposta di band come Offspring, Green day e colleghi piuttosto che ad un concentrato di hard rock che dovrebbe far schizzare il sangue fuori dalle vene come accadeva con l’omonimo album della band e con “Slave to the grind”. “Pulling My Heart Out From Under”, “Nothing” e “Another dick in the system” sono solo alcuni dei brani che purtroppo vi faranno storcere il naso mentre le vostre dita skipperanno velocemente le canzoni in oggetto mentre le tracce più orientate verso l’hard rock come l’opener “Desease” o ancora “Shut up baby I love you” non riescono a convincere proprio per niente.
Speriamo tanto che gli Skid Row possano risollevarsi da questo baratro in cui stanno continuando a cadere senza mai fermarsi. Per anni ho sognato e continuo ancora a sognare ascoltando le loro vecchie canzoni e non ce la faccio proprio a vedere una delle più grandi band hard rock del pianeta ridotta in questo modo.