In mancanza di un’originalità e di un’ispirazione sopraffine la semplicità dei brani potrebbe essere un buon viatico per mascherare spiacevoli carenze. Gli SKW danno una dimostrazione di ciò nel loro ultimo “Alter Ego”, lavoro presentato da un artwork di qualità che non trova, purtroppo, lo stesso riscontro a livello compositivo una volta snocciolato l’album. Quando, infatti, la formazione tricolore non tenta di strafare andando a proporre ricercatezze fini a se stesse riesce a ricamare momenti che, seppur non impressionando, fanno egregiamente il proprio lavoro e che, se costituissero la maggioranza, riuscirebbero a dare dell’opera una migliore immagine.
Quello in questione è, infatti, un album controverso e per questo di non semplicissima interpretazione. La base solida su cui è articolata la proposta è il classico crossover caratterizzato da riff serrati che colpiscono senza far male l’ascoltatore. Nelle due tracce d’esordio niente di strano; il cartellino è perfettamente marcato con un sound che, pur non offrendo spunti nuovi ed originali a parte qualche breve stacco di matrice funk, ha il merito di essere quanto mai easy (soprattutto nei ritornelli) e godibile. Procedendo, però, la costante si spezza per la spasmodica voglia dei quattro ad osare senza, purtroppo, venire mai al dunque infierendo su una facilità d’ascolto fino a quel momento abbastanza positiva. In quest’ottica, infatti, avanzano in successione: non felicissimi inserti di voci femminili, la ricerca di atmosfere inadatte alla proposta ed altri elementi che si vanno ad opporre agli sprazzi di concreta semplicità sempre più sporadici con lo scorrere del disco.
In definitiva non si può guardare ad “Alter Ego” come un disco malvagio ma come qualcosa che, a giudizio di chi scrive, è ben lontana dalla piena espressione delle qualità degli SKW e che, in questi tempi di saturazione ed omologazione di suoni, non riesce a rendere e colpire come la band avrebbe voluto.