Quale migliore occasione se non l’uscita di un nuovo album per rivolgere qualche domanda al leader di una della più famose band di power/speed italiane attualmente in circolazione? È con gran piacere quindi che mi appresto ad intervistare Eddie Antonini, leader degli Skylark, che proprio in questi giorni, come ci racconta nel corso della nostra chiacchierata, si vede impegnato nella promozione di “Wings” e si dimostra particolarmente disponibile nel rispondere alle nostre domande a volte anche un pochino provocatorie.
Buona lettura dunque!
Ciao Eddie, benvenuto su H-M.it! Desidero ringraziarti innanzi tutto per la disponibilità nel rilasciarci quest’intervista. Immagino che sarai molto impegnato in questo periodo, il giorno dell’uscita di “Wings” è ormai vicino…
Sì, infatti, comunque ogni occasione nel quale puoi disquisire e commentare la tua musica è opportuna e piacevole, soprattutto di fronte alle numerose critiche qualunquiste che da sempre accompagnano ogni nostro album.
Che ne dici di presentare ai nostri lettori la vostra nuova e ultima fatica?
Guarda, ne sto leggendo di tutti i colori, che “Wings” sia un disco Hard Rock FM, un album AOR, e quanto altro di più sbagliato…ma io mi chiedo, come si può definire Hard Rock o AOR un lavoro con cambi di tempo accelerazioni di metronomo oltre i 160, con la presenza della doppia cassa…a me piacerebbe che di fronte a critiche soggettive tipo a me non piace/piace, fa schifo, lo butterei nel cesso, ci fossero commenti tecnici competenti. Invece no! La gente sputa sentenze senza aver la benché minima competenza e questo spiazza non poco i ragazzi che devono acquistare i cd. E non sto parlando solo di Skylark, in giro leggo minchiate anche ben peggiori riguardo ad altri gruppi.
Tornando a “Wings”, ritengo che il disco sia più adatto ai nostri fans di vecchia data, lo stile torna ad essere più vario e di difficile catalogazione, un po’ come accadeva con “Dragon’s Secrets” e ancora di più con il primo “Horizon And the Storm”.
Chi ha conosciuto gli Skylark nel periodo più power/speed può effettivamente rimanere un po’ perplesso… io ritengo semplicemente che, nonostante le melodie abbastanza dirette, sia un disco da ascoltare più volte e con attenzione prima di essere assimilato e compreso. Effettivamente compare un pezzo hard-rock oriented ma si tratta di cinque minuti di musica su cinquantadue!
Come mai sul disco è presente una traccia titolata “Belzebù 2”? Sentivi il bisogno di continuare a parlare di quest’argomento?
Molte volte non esiste una ragione precisa. In “Wings” i testi sono introspettivi come mai prima d’ora ma la parte centrale “Belzebù 2”, “Faded Fantasy” e “Last Ride” è in realtà un richiamo al nostro Concept Fantasy che aveva caratterizzato i precedenti lavori.
So che sarete in Giappone per suonare qualche data dal vivo: come andate nel paese del Sol Levante? E com’è il pubblico giapponese?
In Giappone siamo notevolmente apprezzati, senza dubbio è il nostro miglior mercato e siamo felicissimi di risuonare dal vivo laggiù. Credo che la tournee dello scorso anno sia stata assai apprezzata dal pubblico e mi auguro che la cosa si ripeta ancora.
Parlando sempre di tour: quando inizia quello italiano? Parteciperete a qualche festival estivo?
Stiamo suonando alcune date di Warm-Up in questo periodo per prepararci al tour in Giappone. Nei festival estivi avevamo avuto un invito per supportare i Virgin Steele a Tradate ma purtroppo saremo già nella terra del Sol Levante quel giorno.
Per gli altri festival, beh, non credo gli Skylark siano molto graditi…
Come nasce una canzone degli Skylark? Fai tutto tu oppure anche gli altri ragazzi sono chiamati a produrre durante il processo compositivo?
Normalmente le idee melodiche principali partono da me, poi interviene Brodo negli arrangiamenti ritmici e armonici e via via tutti gli altri per affinare al meglio le varie parti.
La componente sinfonica è ormai un marchio di fabbrica per gli Skylark: non pensi che un utilizzo così massiccio delle tastiere e del piano possa risultare alla fine un po’ troppo invadente?
Non credo, questo è il sound degli Skylark, se lo paragoni agli Stratovarius è ovviamente bilanciato male, se invece entri nell’ottica di un disco Skylark allora credo che questa sia la miscela corretta. Ben inteso, non è obbligatorio che a tutti piaccia questo modo di fare metal, ma non credo avrebbe troppo senso scimmiottare questa o quell’altra band. E poi se esamini tutti i dischi degli Skylark, ogni album presenta suoni e sfumature diverse.
Un domanda un po’ curiosa: in ogni foto che ti ritrae hai indosso la maglietta rossa di “A Real Live One” dei Maiden… è solo una coincidenza oppure sei particolarmente legato a quella T-shirt?
No, non è una coincidenza, ormai quella t-shirt mi accompagna nei momenti ufficiali con il gruppo. Vorrei dirti com’è nata questa cosa ma sinceramente non lo so, inizialmente è stato quasi casuale, poi mi sono davvero affezionato a quella maglietta. Ma non è legata a particolari eventi o ricordi.
Mi dici quali sono stati i momenti migliori o peggiori della tua carriera?
Bella domanda… momento migliore la scorsa tournee giapponese, avvenuta nel peggior momento degli Skylark, quando la band era praticamente sciolta. Infatti, adesso stiamo un po’ vivendo da resuscitati, una specie d’esperienza post-mortem.
Sicuramente l’affetto del pubblico del Sol Levante e l’ingresso in gruppo di Kiara sono state due spinte importanti per proseguire la nostra carriera almeno per un po’.
Pensi di fare un altro disco solista o “When water became ice” rimarrà un episodio isolato?
Al momento non ci sono progetti a riguardo, ma mai dire mai.
Una domanda un po’ strana: quale film o libro potrebbe rappresentare al meglio gli Skylark?
Forse la saga di Star Wars, non tanto per la trama in sé ma per la struttura temporale che richiama i nostri capitoli del concept e per alcuni significati basilari che muovono entrambe le vicende…ma, è un paragone molto astratto.
Qual è la tua canzone preferita di questo disco e perché?
Sicuramente “Rainbow in the Dark”, il pezzo più introspettivo che abbia mai scritto e che richiama in sé diversi stili, dal metal al pomp, all’hard rock, al power nonché alla musica classica…
Parliamo di “Divine gates part 1 & 2”: come sono andati? Che giudizio hai di questi due dischi? Cambieresti qualcosa?
Commercialmente sono andati molto bene, la produzione non mi soddisfa completamente ma con il budget a disposizione abbiamo fatto miracoli. Ecco, a tutti quelli che continuano a sputare contro le nostri produzioni ricordo una volta in più quanto i nostri budget siano risicati rispetto a band del nostro stesso stile quali Rhapsody, Blind Guardian e Angra…stando a questi giudizi dischi che hanno fatto la storia del metal come Walls of Jericho, Kill’em all, The Legacy dei Testament o il primo dei Dream Theater non avrebbero mai dovuto vedere la luce. Solo che una volta il metal era spontaneità, si produceva con i pochi soldi a disposizione ed erano premiate le idee. E nel corso della carriera riuscivi ad ottenere soldi e appoggi per migliorare anche l’aspetto sonoro.
Adesso invece il metal è diventato un industria con la puzza sotto il naso peggio del pop, le idee contano forse solo il venti per cento, se non hai la fortuna di entrare nelle grazie di un produttore con le palle e i mezzi fin dagli esordi, vedi Rhapsody, la situazione diventa veramente tragica. Noi ci siamo salvati, insulti a parte almeno siamo riusciti a galleggiare, solo perché abbiamo iniziato dieci anni fa, adesso con gli stessi soldi e mezzi sarebbe pura follia. E questo è uno schifo.
Siamo in chiusura, a te la parola…
Niente da aggiungere, grazie per l’intervista.
Grazie ancora, ci vediamo in tour!