Pronti, via. Un’altra uscita degli Slipknot ed un’altra corsa all’individuazione del difetto, della trovata inutile, dell’errore. Una ricerca spasmodica, impegnata, come se i nove ragazzi dell’IOWA fossero il cancro della musica moderna, la fastidiosa massa da estirpare per riavere indietro il vero metal. Una gara in cui non contano le motivazioni, la robustezza della tesi, purchè esse siano incentrate sulla critica feroce e scontata. L’importante è colpire l’obiettivo per abbatterlo, fingendo che fino a quel momento lo si era ignorato. Un modo come un altro per rendersi partecipi dell’universo Slipknot; un modo come un altro per riconoscere la portata di un fenomeno di proporzioni enormi. Se un oggetto appartiene a quel mondo, nel bene o nel male, per moda o convinzione, se ne parlerà.
Loro, o chi per loro, lo sanno e, convinti di potersi permettere tutto senza causare battute d’arresto al caterpillar commerciale che rappresentano, sfidano il nemico, gli girano attorno, scorgendolo beffardo. E’ così che nascono lavori come questo ‘Voliminal: Inside The Nine’. Un doppio DVD scarsino di contenuti veri ed anomalo nel modo in cui gli stessi sono serviti. Il primo disco contiene novanta minuti la cui interpretazione può variare a seconda dei punti di vista senza mai costituire, a meno di fans sfegatati, oggetto di particolari desideri. Un montaggio disturbante ed istintivo dei momenti salienti, e non, estratti dalla vita on the road dei nostri. Inizialmente fascinoso ma, col passare del tempo, monotono e scontato. Tutto rigorosamente attraverso le riprese malate di un handcam dalla mano alcolica e tremante. Si passa da testimonianze ravvicinate di alcune esibizioni live, ai relativi backstage, passando per roadies impazziti, vomiti vari, festicciole etiliche e tutto ciò che con la musica ha ben poco a che fare. Testimonianze potenzialmente fascinose per pochi e che, per tutti gli altri, costituiscono un mattone pesante e noioso. Il secondo disco, invece, vorrebbe essere quello della concretezza ma anche qui siamo lontani da risultati memorabili. Nove brani catturati da live set vari e caratterizzati da una qualità perfetta, cinque videoclip ed interviste a vari membri della band. Carne a fuoco messa lì in maniera alquanto confusa e senza la ciliegina che deve rendere appetibile in toto un prodotto del genere. Il rischio, per i più esigenti, è infatti quello di trovarsi tra le mani un pugno di mosche con concerti sconnessi, un film dal fascino opinabile ed altre cose già viste. Resta una confezione eccezionale ed elegante, una postproduzione memorabile e la solita qualità delle uscite Roadrunner. C’è a chi può bastare e a chi no, ma, fidatevi, fuori e dentro il metal ci sono mali peggiori.