15 Ottobre 2014 – Traffic Club, Roma

Celebrare un uomo, celebrare una terra, celebrare un’idea.
Arriva anche a Roma il tour commemorativo per i 10 anni dalla morte di Terje Bakken, in arte Valfar, mastermind dei Windir, scomparso tragicamente in una bufera di neve, in cui i suoi ex compagni di avventura, che sotto il moniker Vreid hanno ottenuto un buon successo, ripropongono alcuni pezzi del loro glorioso passato.

VINTERBLOT
A Roma il clima è ancora estivo e le tenebre sono appena calate quando sul palco del Traffic entrano i Vinterblot. La band, pur essendo pugliese fa del viking metal il suo cavallo di battaglia, proponendo un’ottima mezz’ora di death metal in cui le tematiche ispirate ai miti nordici la fanno da padrone. La band padroneggia molto bene il palco, e conquista i presenti, ancora non molto a dire il vero, con una musica ancora un po’ troppo derivata dagli Amon Amarth, loro maggiore fonte di ispirazione. Vengono presentati alcuni estratti dal primo lavoro, Nether Collapse, e anche un nuovo brano, decisamente più personale, che sarà presente nel prossimo disco. La prova del cantante Phanaeus è molto bravo sia dal punto di vista vocale che scenografico, e anche il resto della band appare tecnicamente preparato e con una buona tenuta del palco. Speriamo che i passi avanti dal punto di vista dell’originalità siano evidenti nel nuovo disco e di rivederli presto, magari in una serata tutta per loro.

POSTHUM
I Posthum non li avevo mai sentiti nominare. Band Black metal, manco a dirlo, norvegese, si presenta per la prima volta a Roma lasciando un’impressione decisamente positiva. Nei 40 minuti a loro disposizione, la band, un po’ fredda con il pubblico presente, mostra una buona personalità a livello di songwriting, specialmente nei brani che vengono tratti dall’ultimo The Black Northern Ritual. I pezzi mostrano melodie interessanti legate a momenti più tirati; gli ottimi suoni del Traffic rendono il tutto più piacevole.

SOGNAMETAL (VREID / WINDIR / ULCUS)
Il pubblico, discretamente numeroso, è però tutto presente per gli headliner, e, nello specifico, per ascoltare i vecchi capolavori dei Windir, che saranno il nucleo portante dello show dei Vreid.
La band, con l’aiuto, per le parti in screming dei pezzi dei Windir, del gigantesco fratello del compianto Valfar, Vegard Bakken, entra sul palco del Traffic, decorato con scenografie ispirate al nord e con i nomi delle 3 band da cui verranno tratti i brani questa sera, sulle note dell’intro Birjing, tratto da Arntor. Si comincia quindi con la titletrack dell’album del 1999 dei Windir, Arntor, ein windir, e i suoni sono già ottimi; sono in 7 sul palco, il già citato cantante,3 chitarre, basso, tastiera e batteria. La band mostra un’ottima presenza scenica, dovuta a 20 anni di carriera, mentre Vegard sembra un pochino impacciato, offrendo però una prestazione vocale sufficiente. In sequenza vengono quindi riproposti altri 3 pezzi da 90 della discografia dei Windir, On the Mountain of Goats, Dance of Mortal Lust e The Spiritlord. Questi 4 brani servono a ricordarci che grande compositore fosse Valfar, e che grande band fossero gli Windir. Una breve pausa per cambiare gli strumenti, e i Vreid sono di nuovo sul palco, questa volta come sestetto, per proporre qualche brano del loro presente e del loro recente passato, tra cui spicca l’ottima The Reap, tratto dall’ultimo album della band e Speak Goddamnit, da Milorg. C’è tempo anche di riproporre un brano, scritto quando ancora I Vreid non erano entrati negli Windir e si chiamavano Ulcus; si tratta di The Profound Power, non male, niente di più.
Il gigante Vergard rientra per l’ultima parte del concerto, dedicata, di nuovo, essenzialmente agli Windir. Si tratta del primo brano composto da Valfar, Krigaren si Gravferd, a cui segue il capolavoro assoluto della band, gli 8 minuti di Svartesmeden og Lundamyrstrollet, riproposta in tutto il suo splendore, con le sue melodie sognanti e la sua aggressività al vetriolo. C’è ancora il tempo per un estratto degli Vreid, Pitch Black e per la chiusura in grande con quella Journey to the End, vero e proprio testamento di una band, di un uomo, che in pochi anni ha lasciato il segno su un intera scena musicale.
Grazie Valfar.

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