Ritorno discografico per un gruppo che se ne sbatte altamente dei trend, del music business e delle mode. Infatti gli Spiritual Beggars riescono sempre a suonare la loro musica e soprattutto ad essere sempre se stessi. È lo stesso leader del gruppo Michael Ammott ad ammetterlo. Infatti anche se suonassero dei riff appartenenti allo stile di altri gruppi, il suono che ne uscirebbe sarebbe sempre dannatamente in pieno Spiritual Beggars style. È un ritorno atteso da tempo per questa band che è attiva sin dal lontano 1992 ed infatti “Demons” può essere definito un album di rinascita. Ciò che caratterizza questo gruppo è il fatto che le canzoni vengono scritte attraverso un metodo basato quasi su delle continue jam-sessions. Messo a confronto con il precedente “On Fire”, questo album presenta dei suoni più morbidi ma non per questo meno potenti.
È da dire però che la maturazione artistica del gruppo è quasi giunta a compimento con questo album. Infatti sin dalle prime tracce l’ascoltatore si trova di fronte un vero e proprio muro sonoro fatto da riff praticamente assassini. Le 13 tracce che compongono questo album sono un concentrato di energia allo stato puro. Per la realizzazione di questo comeback Ammott si è avvalso di musicisti di tutto rispetto come JB dei Grand Magus) alla voce, Sharlee D’angelo degli Arch Enemy al basso, Ludwig Witt alla batteria e Per Wiberg degli Opeth alle tastiere. Sin dall’intro Inner Strenght l’ascoltatore può farsi un’idea di ciò che sta per ascoltare. L’adrenalina comincia a pompare nelle vene e si mantiene costante fino alla fine di questo piccolo gioiello.
Sarà difficile per chiunque trovare dei punti deboli ad un album come questo. Qualcuno potrebbe osare dire che è sempre la solita solfa, che è qualcosa di già sentito da mille altri gruppi. A queste persone mi sento di rispondere che quest’album è il tipico esempio della rinascita della old-school del metal, un genere che per molti anni è rimasto a riposo come un vulcano che se ne sta lì buono e tranquillo in attesa del momento giusto e propizio per scatenare la sua furia distruttiva. È praticamente ciò che hanno fatto gli Spiritual Beggars. Loro hanno capito che questo era il momento adatto per un ritorno sulle scene e lo hanno fatto alla grande. Ci sono dei pezzi che mi hanno particolarmente colpito e sono i seguenti: Throwing Your Life Away, che contiene una devastante chiusura eseguita da quella macchina da guerra che risponde al nome di Ludwig Witt, Through The Halls, dal ritmo sincopato e con delle linee vocali veramente micidiali, in cui qualcuno potrà anche sentire un’influenza dello stile fine anni ’70, Treading Water, con un solo centrale eseguito da Amott che definire assassino è veramente limitativo, Born To die, introdotto dal titanico lavoro di batteria, chitarra e basso che si chiamano l’un l’altro e chiuso da un solo di tastiera così coinvolgente da far venire la pelle d’oca, In My Blood, una vera mazzata sonora che, se proposta in sede live, potrebbe scatenare il finimondo, Sleeping With One Eye Open, che mi ha fatto ricordare i Deep Purple degli anni ’70 e la stupenda No One Heard a cui è affidato il duro compito di chiudere l’album, introdotta dalla tastiera di Wiberg.
Insomma un album che, nonostante sia prodotto nel 2005, suona dannatamente anni ’70-’80. Un prodotto sicuramente da avere nella propria collezione.