Intenzioni ambiziose, quintali di cultura underground maturata in dieci anni di esperienza ed un’incidente passione. Sono le caratteristiche che, insieme ad indubbie capacità ed una volontà di contemplazione artistica globale, si celano dietro all’ormai più che maturo progetto Steel Cage. Sotto queste premesse nasce ‘Obsidian’: terzo frutto discografico della band napoletana che, sotto ogni punto di vista, riesce ad assestare il miglior colpo della propria carriera. Ciò a cui si troverà di fronte chi si imbatterà sulle orme del lavoro in questione, è un disco completo sia qualitativamente che quantitativamente, conferma della volontà della band di tributare la giusta serietà ad una passione piena e profonda. Un’uscita totalmente self-made ma curata minuziosamente e corredata da un artwork accattivante, traccia rom, scritti, contenuti speciali e tutto ciò che riesca a rendere più ghiotto il concept-album in oggetto. Ambientati, sul piano lirico, nello scenario post-apocalittico suggerito dal romanzo di una delle asce (il cui primo capitolo è presentato nella sezione multimediale), i brani di ‘Obsidian’ riescono a riflettere le atmosfere raccontate in maniera calzante ed appropriata. Le coordinate su cui si muovono i cinque ragazzi campani, a dispetto di bizzare interpretazioni, non sono altro che quelle che hanno reso famosi i primi In Flames dal periodo pre-Colony riprese ed interpretate con personalità. La ricetta è, dunque, semplice con un’estremizzazione di sonorità heavy di scuola maideniana, articolate ed adattate ad un background più aggressivo come insegnato dalla scuola svedese. Chiunque stia pensando all’ennesimo potenziale e noioso clone ritorni sui suoi passi, perchè in queste composizioni c’è feeling, gusto per la melodia, capacità di coinvolgimento ma, soprattutto, cognizione di causa ed intenzioni. La formazione conosce il proprio obiettivo ed i propri limiti ed articola la sua prova adattandosi ad essi, restituendo un risultato omogeneo, pieno di luce propria e variegato. Brani globalmente obliqui in cui è impossibile prevedere le variazioni, ma in cui si riconosce la “mano” dopo pochi ascolti nonostante le variazioni sul tema che, come suggerito dai meno oltranzisti act del genere, variano dal thrash al death passando per momenti pienamente atmosferici. Un’uscita apprezzabile e lodevole nelle intenzioni che mostra una band che, oltre ad apparire più ispirata dal punto di vista compositivo, è riuscita a colmare l’enorme lacuna vocale dei due precedenti lavori con l’innesto di Silvestro Giordano dietro il microfono. Nonostante difetti tangibili, amplificati nelle variazioni di stile dal buono scream ai migliorabili growl e clean, il nuovo frontman si pone come valore aggiunto del quintetto offrendo un’ugola ficcante ed espressiva che si offre da perfetta finalizzatrice per l’articolata base musicale accattivante anche nella dinamicità della sezione ritmica. Sminuito, naturalmente, da una produzione che, essendo nella media delle uscite home-made, si mostra migliorabile soprattutto in una fase di missaggio che fa perdere peso alle chitarre, questo ‘Obsidian’ rimane una piacevole, “sorprendente conferma” delle qualità di un gruppo meritevole di più visibilità e di un panorama estremo italico fertile e vivo.