Allora, qui urgono un paio di distinguo prima di iniziare ad entrare nel merito della recensione vera e propria: 1) il genere rock strumentale non è semplice né da fare, né da ascoltare, visto che bisogna essere veramente bravi per creare dei brani evitando di cadere nella trappola dello shred esasperato; 2) vi ricordate “Get In The Ring” dei Guns N’ Roses, contenuta in “Use Your Illusion II”? Era un brano registrato in studio con l’aggiunta di cori da stadio per farlo sembrare un live. Ecco, “Cranial Feedback” ha, all’inizio ed alla fine di ogni brano, lo stesso trucchetto. Non è dato sapere se si tratti di una registrazione dal vivo, ma sinceramente ne dubito visto che il buon Steve è accreditato come unico esecutore di tutte le parti. Fatti queste due precisazioni, cominciamo subito a dire che questo chitarrista è un furbetto perché cerca di far sembrare il proprio lavoro per quel che non è, e a noi le prese in giro piacciono poco.
Passando alla musica contenuta in “Cranial Feedback”, va detto che non si tratta di nulla di eccezionale e che non siamo di certo di fronte al nuovo Satriani. Il lotto di dieci brani è composto per lo più da fraseggi di chitarra abbastanza banali e tutto sommato fini a sé stessi, tanto da scatenare la reazione-sbadiglio dopo poco, nemmeno il tempo di arrivare alla fine del lavoro. Questo purtroppo è un difetto di molti album strumentali, ma qui non c’è nemmeno il modo di apprezzare l’infinita tecnica di un musicista, visto che non vi sono soluzioni di stampo Malmsteeniano, ma solo qualche tema di non certo spiccata difficoltà.
Insomma, ci sta che uno si voglia togliere lo sfizio, soprattutto se è chitarrista, di un album strumentale (Paul Gilbert ci è riuscito solo dopo tanti anni di carriera ed i risultati sono stati eccellenti), ma bisogna avere delle idee buone in testa per affrontare un’operazione così rischiosa. Non basta mettere insieme una melodia o un tema di fondo e poi svisarci sopra per costruire una canzone decente, questo dovrebbero avercelo chiaro tutti prima di cimentarsi nello studio di uno strumento o nella stesura di un brano.
In Italia abbiamo talenti per la sei corde che ci invidiano in tutto il mondo (ascoltate i dischi di Simone Fiorletta, dei veri capolavori) e non vedo perché dovremmo far arrivare dall’estero delle proposte sinceramente scialbe e piatte anche per i fan più accaniti. Steve, se è questo quello che puoi permetterti di fare, lascia perdere please!