Era il 1990 quando Steve Vai partorì uno dei dischi destinati a rimanere per sempre nella storia della musica, “Passion & Warfare”. Una ventata d’aria fresca nella musica strumentale, un disco così originale e personale da far rabbrividire.
Se con i precedenti “Flex-able” e “Flex-able Leftovers” l’ascoltatore era sottoposto agli incessanti deliri musicali di un folle artista “adottato” addirittura dal grande Frank Zappa per suonare impossibili partiture di chitarra, con “Passion & Warfare” i toni si sono placati, la melodia è molta (senza mai dimenticare quel famoso tocco folle) e le canzoni possono essere davvero chiamate tali. “The genius of the space guitar” ha le idee molto chiare e compone un lotto di canzoni molto variegate fra loro e, soprattutto, cariche di vitale energia. C’è chi definisce lo stile di Steve freddo e macchinoso, c’è chi non lo sopporta minimamente… ma nessuno può negargli un talento fuori dal comune che lo ha aiutato in tutti questi anni (e che tuttora continua ad aiutarlo) nel delineare un suo stile perfettamente distinguibile nel grande circo dei guitar-heroes. Se la breve “Liberty” ci introduce dolcemente in questo nuovo mondo, la successiva “Erotic Nightmares” aiuta a movimentare le acque, con un’alternarsi di assoli al fulmicotone che spaziano dal rock alla jazz-fusion. Si torna su toni pacati con “The Animal” e a seguire la prima gemma del disco, il combo zappiano “Answers/The Riddle”, puntualmente suonate durante qualsiasi suo show. Tralasciando i deliri musicali di “Ballerina 12/24”, “Alien Water Kiss” e “Love Secrets” non ci restano che veri e propri gioielli della musica che corrispondono al nome di “For The Love Of God” (esiste qualcuno che non la conosce???), la dirompente “The Audience Is Listening”, la ottantiana “I would love to” e la lenta “Sisters”.
Riascoltando “Passion & Warfare” per la milionesima volta (e non scherzo affatto) mi rendo conto che si potrebbero spendere davvero milioni di parole per questo disco ma neanche mezza renderebbe completamente giustizia al contenuto di questi solchi. Un disco che tutti dovrebbero avere o almeno conoscere, che non può mancare nella collezione di dischi di chi, di musica, se ne intende davvero.