Storm Of Damnation, un nome che farebbe la fortuna di tante band Black… Questo gruppo di Cassino, invece, ci propone un rock dalla fortissima ispirazione Nirvaniana e non solo. Un album, il secondo per il combo italico, che mette in evidenza i punti di forza e di debolezza di una band che vanta diverse partecipazioni su compilation underground di buon livello e che ci porta 18 brani che avrebbero un buon potenziale soprattutto per gli amanti del genere… Però… Però se da una parte ci sono diverse idee realmente valide, che esprimono anche una certa volontà di creare uno stile proprio e personale, dall’altra abbiamo diverse pecche che devono essere corrette poter cercare di emergere in un mondo di squali come quello della musica. La voce troppo spesso appare piatta, a tratti slegata alla musica o stonata, certo colpa anche di una produzione certamente approssimativa, che in diversi brani mette voce e batteria in netta predominanza rispetto a chitarra e basso, che sono relegati a sottofondo discreto. Ne paga però la resa sonora di pezzi che a volte sanno di già sentito, ma che con qualche imprecisione in meno potrebbero risultare gradevoli.La verità è che all’ascolto ci pare di essere in un pub underground a sentire una di quelle band di grandi speranze che per la prima volta calcano le assi, dove il timore reverenziale nei confronti del pubblico può giocare brutti scherzi. Forse è proprio un po’ di sicurezza in più che manca, sulle note alte soprattutto, visto che ci sitrova spesso un cantato monotono. L’inglese poi non è proprio cosi’ preciso. il che non aiuta l’armonia della composizione. 18 brani sono molti, e spesso le buone idee traspaiono nitide, ma la realizzazione poi non è quella che si vorrebbe… la seconda voce spesso non va d’accordo con la principale, creando l’effetto di una canzone dentro un’altra.. Peccato perchè alcuni brani sono potenzialmente davvero validi. L’apertura “I Will Die Again” è valida, ma come per tutto il resto del cd soffre troppo la mono-tonalità della voce e arrangiamenti approssimativi. Interessante anche la successiva “Lost in myself in the dark”, traccia più lunga dell’intera composizione. La successiva Try don’t feel regrets” è un brano da Nirvana bello e buono, il che potrebbe essere assolutamente positivo se non ci fosse anche qui qualche piccola pecca a rovinare l’armonia. “Ossigeno”, cantata in italiano è un brano da radio, uno di quelli che se trattati bene potrebbe anche sfondare come brano commerciale di larga diffusione, quasi alla Finlay; ahimè anche qui la voce non è all’altezza della song, che si apre su un tappeto di piano molto interessante per poi riprendersi con un sond coinvolgente e introspettivo. Ottimi, questo bisogna dirlo, proprio i pezzi di piano a firma di Damiano Parravano (Ossigeno e Vinceda) e Mario Capuano (Lost in Myself In The Dark), che rendono intriganti spezzoni di canzoni, mentre il disco scivola nello stereo senza lasciare particolari segni.Il pezzo forse più impegnativo e dalle maggiori possibilità è “Stay Away From Me”, dove si mescolano tempi diversi e dove un buon tocco di tastiere rende più vivace la composizione, che si tuffa poi anche sulla riproposizione in inglese della precedente “Ossigeno”. Ottimo il gusto cinematografico del combo però, che ci propone all’inizio di “Not Rain All Time” un tuffo al cuore: lo spezzone del film Il Corvo contenente l’omonima frase… da accapponarsi la pelle… Per il resto un’occasione mancata. Perchè le idee ci sono, ma per il momento restano tali.