Finalmente il tanto atteso “Paradise Lost” è uscito. Attendevo ormai da tempo la settima fatica di Michael Romeo e soci e quindi è con grande gusto e interesse che mi appreso ad ascoltare questo loro nuovo lavoro. Quello che subito colpisce è la volontà da parte degli americani di cambiare la propria direzione musicale abbandonando quelle sonorità neoclassiche che li resero famosi ai tempi di “The divine wings of tragedy”. Avevamo già assistito a questa decisa sterzata in “The Odyssey” e oggi, con “Paradise lost” questa scelta diventa una realtà concreta. La parte del leone è affidata a Michael Romeo capace di macinare riff su riff, di alternare solos frenetici a nervose ritmiche di chitarra, frenetiche, impulsive e dannatamente aggressive mentre Pinnella è lasciato leggermente in secondo piano e solo poche volte si erge a vero protagonista dell’album deliziandoci con melodiose atmosfere di pianoforte e tastiera come capita nella lenta “Paradise lost” che vede tra l’altro un Russell Allen sugli allori per quanto riguarda l’interpretazione delle linee vocali di questa delicata ballad.
Dopo il solito pomposo e magniloquente intro esplode nel più classico stile dei Symphony X, “Set the world on fire” brano dall’andamento pesante ed aggressivo che si risolve nel più classico dei ritornelli impiegandoci davvero poco a farsi cantare a squarciagola; si prosegue con “Domination” e “Serpent’s kiss” canzoni più lente e meno dirette della title track ma al tempo stesso dotate di riff oppressivi ed oscuri che si alternano a ritmiche di chitarra convulse ed indiavolate che in un primo tempo spiazzano l’ascoltatore non abituato a simili sonorità durante l’ascolto di un album della X americana. Perfetta è coma al solito la prova vocale di Sir Russell Allen, non più limpido e pulito come ai tempi di “The divine wings of tragedy” o di “Twilight in olympus” ma sporco ed aggressivo, quasi irriconoscibile, sposa perfettamente la sua interpretazione dietro al microfono con l’atmosfera cupa e tenebrosa che avvolge tutto “Paradise lost”. La band non dimentica tuttavia le sue origini e torna su terreni più tipicamente power oriented con “Eve of seduction” brano velocissimo con una sezione ritmica incisiva e frizzante, capace di variare e mutare in continuazione senza mai snaturare la sua linearità; ottima ancora l’alternanza tra parti melodiche ed aggressive per quello che si dimostra come uno dei migliori brani dell’intero album. Gli amanti delle lunghe composizioni si posso rifare le orecchie con le finali “Seven” e la conclusiva “ “Revelation (Divus pennae ex tragoedia)” alternate da un seconda e splendida ballad, “The sacrifice”, leggermente sottotono se paragonata alla title track.
Ancora una volta i Symphony X stupiscono tenendo fermamente salda in mano la cintura di paladini del power prog. Un album da avere assolutamente.