Il progetto del dj estremo Luke Kenny trova modo di partorire questo nuovissimo “Animosity” anche dopo la dipartita del chitarrista Matt Wilcock (Akercocke), un elemento decisamente importante per la riuscita dei precedenti lavori. Con questo nuovo mostro sonico, il quarto della serie, gli australiani The Berzerker ricominciano a picchiare duro proprio dal punto in cui ci avevano lasciato con il precedente “World Of Lies”, ovvero dalla commistione disumana tra death grind e techno / industrial.
I fasti dell’omonimo e spiazzante disco d’esordio (una novità assoluta, per l’epoca) ora sono un po’ lontani e forse leggermente sbiaditi, sintomo di un processo di rinnovamento che ha appena sfiorato la compagine australiana. Resta, da questo punto di vista, assolutamente disumana la proposta dei nostri ma forse un po’ pesante per chi segue la compagine sin dagli esordi. Fatto sta che anche con questo “Animosity” i The Berzerker dimostrano di aver esasperato in maniera incredibile il concetto di canzone, andando ad associare alla classica efferatezza del death grind più veloce i ritmi e le sollecitudini di una drum machine che viaggia a velocità improponibili anche per il batterista della band, che detiene il record mondiale di battute al minuto. Dal punto di vista prettamente compositivo, il quadro della situazione è più che felice, con i soliti e convulsi giri di chitarra ultracompressi ad incastonare trame musicali nevrotiche e schizzate. Anche a livello vocale, poi, il cantato è oppressivo e parossistico, al limite del concetto di chaos. Quello che manca ad un lavoro di questo tipo è la freschezza del disco d’esordio, sebbene permanga un’aurea di violenza reiterata che sfoga tutto il proprio malessere in soli 28 minuti di musica.
Il concetto di industrial death metal decantato dalla band è ancora valido sotto molti punti di vista, ora è bene però che i The Berzerker iniziano a pensare a come evolvere il proprio sound già dal prossimo lavoro.