Indipendentemente dalla qualità buona o meno, questo è un prodotto storico. Dico questo in quanto è la testimonianza di un evento che rimarrà scolpito nella memoria di quanti l’hanno vissuto per molti anni con il nome di “The Big Four”, cioè i quattro numi tutelari del thrash metal riuniti per una serie di date sotto il mantello del festival Sonisphere nella sua edizione 2010. Polemiche a parte su chi meritasse o meno di far parte di questi quattro grandi (personalmente al posto degli Anthrax avrei messo i Testament, ma ognuno si è fatto la sua opinione a riguardo, un po’ come quando gioca la nazionale di calcio…), lo show immortalato nei dischetti è quello bulgaro, per la precisione tenutosi nella capitale Sofia il 22 giugno 2010. A livello commerciale, il box esce in differenti formati: doppio dvd, doppio dvd con l’aggiunta di cinque cd e, in ultimo, blu ray per gli appassionati dell’alta definizione. I contenuti, a parte per i cinque cd audio, sono i medesimi, per cui il consiglio se avete qualche euro in più da spendere è quello di prendere l’edizione più completa, la seconda citata, che include anche poster, cartoline ed un plettro dell’evento, proprio per i feticisti che vogliono tutto dei loro beniamini.
Entrando nel vivo dell’uscita, si nota sin da subito come siano state fatte le ripartizioni di scaletta tra i quattro gruppi, con Anthrax, Megadeth e Slayer relegati su un singolo dvd, mentre il secondo è interamente dedicato alle grandi star Metallica. Forse un trattamento commercialmente logico, ma moralmente un po’ inadatto e che fa passare il quartetto di San Francisco come l’unica stella dell’evento. Ma quando si parla dei Metallica è impossibile andare tutti d’accordo, questo lo sappiamo benissimo, quindi lasciamo che sia la musica a parlare partendo dal primo artista che si incontra avventurandosi nella visione della mole di materiale presente in questa release.
Anthrax
Gli Anthrax sono stati storicamente tra i primi a fondere rap e metal con un primordiale esempio di crossover che vedeva coinvolti anche i Public Enemy. Da poco passati per una telenovela causata dal cambio di cantante (prima l’esordiente Dan Nelson, poi il redivivo John Bush ed infine l’ennesima reunion con Joey Belladonna), i Nostri propongono quello che è a tutti gli effetti un “best-of show” con brani quali “Caught In A Mosh”, “Indians”, “I Am The Law” e “Metal Thrashing Mad” interpretati da Belladonna con stile, anche se qualche calo di voce c’è, ma d’altronde non si può pretendere la perfezione tecnica su acuti del genere all’età di cinquant’anni suonati. Sul finale di “Indians” c’è anche spazio per un tributo al folletto scomparso Ronnie James Dio sulle note di una toccante “Heaven And Hell”. In fin dei conti uno spettacolo dignitoso per una band che, spiace dirlo, tanto oltre sembra non poter ultimamente andare. Meritato quarto posto in scaletta.
Megadeth
Niente da dire riguardo allo show dei Megadeth. Magistrale e quasi del tutto priva di cali di tensione e sbavature, la prova del quartetto va annoverata come tra le migliori del lotto, seconda forse solo a quella degli headliner ed eterni rivali (sarà ancora così, Mr. Mustaine?) Metallica. Beccati durante il tour che celebra il ventennale dall’uscita del capolavoro “Rust In Peace”, i Megadeth propongono una scaletta sbilanciata logicamente verso tale fondamentale uscita, ma infarcita per l’occasione di altri vecchi (“Wake Up Dead”, “Hook In Mouth” e la celeberrima “Symphony Of Destruction”) e nuovi classici (la nuova “Head Crusher”). Come già capitato di percepire negli show che hanno visto il quartetto protagonista in Italia, il vero anello debole di una formazione stellare è il batterista Shawn Drover, privo del tiro che caratterizzava il suo illustre predecessore Nick Menza. Per il resto il figliol prodigo Dave Ellefson al basso fa il suo sporco lavoro ed il chitarrista Chris Broderick si candida ad essere il perfetto erede di quel guitar hero che fu tale Marty Friedman ai tempi d’oro. Grandissima performance per una band che sta conoscendo una seconda giovinezza.
Slayer
Non importa come suonano, se fanno errori o sono immobili sul palco, gli Slayer riscuotono sempre successo tra il pubblico. La loro miscela di violenza e muscoli (lavori come “Reign In Blood”, “Season In The Abyss” e “Hell Awaits” restano dei capolavori di brutalità difficilmente eguagliabili) ha sempre trascinato al loro cospetto orde di metal fans di tutto il mondo e, anche se negli ultimi anni sono apparsi decisamente sottotono rispetto al glorioso passato, riescono comunque a dar prova del loro valore sulle assi di un palco. Dal vivo sono un’altra cosa, questo è chiaro, e visionando il concerto comodamente seduti sul divano del proprio salotto i nodi vengono facilmente al pettine: lasciando perdere per un secondo la storica staticità del quartetto (quello che si muove di più è Dave Lombardo che siede dietro al drum kit…), va detto che Tom Araya è reduce da un intervento alla schiena che gli impedisce di fare headbanging e movimenti bruschi col collo. Inoltre sappiamo tutti che l’età avanza anche per questi miti e le prestazioni vocali del frontman non sono più quelle di una volta, basti pensare al semplice fatto che ormai “Angel Of Death” non è più accompagnata da tempo dall’iniziale acuto. Fatti questi distinguo si può dire tranquillamente che gli Slayer hanno dato vita ad uno show nella media, senza infamia e senza lode, come direbbe il sommo poeta, anche se i grandi classici del gruppo americano scatenano più di qualche brivido sulla schiena e le nuove canzoni tratte dall’ultimo “World Painted Blood” reggono bene la prova del palco. Alla fine dei conti, un concerto forse qualitativamente di poco inferiore a quello dei Megadeth, ma gli anni passano per tutti ed agli Slayer si perdona questo ed altro.
Metallica
Ed ecco che, concluso il primo dvd, ci si appresta ad inserire nel lettore il secondo dischetto ottico di cui si compone questa release per venire investiti dal nome di punta dei Big Four, forse una delle metal band più famose al mondo (se la battono con gli Iron Maiden, anche se a livello di spazi televisivi e pubblicitari non possono competere con nessuno…), i Metallica. Come già detto nell’introduzione della recensione, fa effetto vedere quanto spazio viene loro riservato, ma in realtà quello offerto dai Four Horsemen è uno show che merita veramente, il migliore del lotto a livello qualitativo. La professionalità e la resa sonora che Hetfield e soci hanno acquisito in lunghi anni d’esperienza sui palchi di tutto il mondo non si discute e, in effetti, il concerto di Sofia si presenta senza ombra di dubbio come uno show coinvolgente ed emozionante per i fan presenti. Certo, si può continuare a spendere parole su parole sulle imprecisioni di un drummer come Ulrich, il quale non è certo un metronomo vivente, ma il suo sporco lavoro lo sa fare ed è uno dei pochi batteristi che interagisce attivamente con l’audience incitandola ed interloquendo con essa nelle pause tra una canzone e l’altra. Per ciò che riguarda la scaletta, inutile dire che è bilanciata sui brani che hanno fatto la storia del gruppo si San Francisco con qualche richiamo al recente passato (“All Nightmare Long”, “Cyanide” e “That Was Just Your Life”), tralasciando a ragione il semi-aborto di “St. Anger”. Verso il finire dello show vengono poi chiamati a sorpresa sul palco i membri delle altre formazioni per una terremotante versione di “Am I Evil?” dei Diamond Head eseguita da sei chitarre, tre bassi e due batterie. Gli encore vengono infine affidati a “Hit The Lights” e “Seek & Destroy”, due pezzi che definire storici è riduttivo. Così si conclude il concerto dei Metallica, tra scroscianti applausi e fan in visibilio.
Venendo al nocciolo della questione, “The Big Four – Live In Sofia” è un documento di grande rilevanza storica per l’heavy metal, vuoi per il fatto che contiene uno spettacolo molto ben curato e dalla grande resa sonora, vuoi perché è la prima volta che questi quattro titani del thrash si uniscono per un tour (Mustaine ha suonato in questa occasione con Ulrich ed Hetfield per la prima volta dal 1983). Oltre ai concerti delle band è presente anche un documentario di scene dietro le quinte dell’evento della durata di circa tre quarti d’ora che fa vedere un po’ l’atmosfera che si respirava nel backstage. Insomma, se siete fan di queste quattro band, non avete da esitare e, visto che il natale si avvicina, fatevi questo regalo. Se invece non avete granché rispetto per i Metallica, pensate che gli Slayer si siano esauriti all’indomani di “South Of Heaven”, che i Megadeth senza Friedman siano solo zombie e che gli Anthrax farebbero meglio andare in pensione, allora lasciate perdere. Non so quanti ricadano in quest’ultima categoria, ma sinceramente spero pochi e questi pochi si perdono un’occasione per essere anche solo parzialmente smentiti. Thrash on!