La prima volta che ho sentito questo disco è stata un’illuminazione… è stato diversi anni fa, ma ricordo ancora bene quando un amico mi disse “Conosci i The Gathering? ‘Mandylion’ non è un disco, è un’esperienza” e mi fece ascoltare il lavoro in questione… un’illuminazione dicevo, ed è stato proprio così. Le prime note di “Strange Machines” mi accattivarono subito, ma in verità fu solo con l’apparizione della voce di Anneke che mi ritrovai rapito, affascinato in profondità. La voce di questa olandese è davvero incredibile, così evocativa e capace di emozionare con la sua personalità (scordatevi le tante “voci angeliche” che infestano la scena gothic, Anneke è un qualcosa d’altro e di unico) è il perfetto complemento alla musica della band. Già, perchè sebbene sia indubbiamente Anneke a dare una marcia in più ai The Gathering (e la sua immagine da sempre offusca quella degli altri componenti della band), tuttavia è il tessuto sonoro su cui lei si esprime a permetterle di valorizzarsi. E quel tessuto sonoro resterà di alto livello in quasi – dico quasi perché “If_then_else” non mi ha mai completamente soddisfatto – tutti i dischi che usciranno in seguito, dischi molto diversi tra loro, anche se la voce rimarrà sempre l’elemento principale, che dimostrano quanto non sia solo la cantante a possedere doti notevoli in campo musicale nei The Gathering…
Ma parliamo del caso particolare di “Mandylion”… in questo disco ci troviamo di fronte ad un gothic influenzato dal doom, di fronte ad 8 pezzi lunghi ed evocativi (tra l’altro si può già intuire la fascinazione per la psichedelia, che verrà poi chiaramente esplicitata in “How to measure a planet?”), tutti dotati di un suono pieno ed avvolgente su cui si staglia il cantato che tanto ho lodato sopra. Il feeling è abbastanza depressivo, tuttavia la sensazione che rimane è che il disco sia “positivo” e sognante, in qualche maniera anche epico (ma non pensate all'”epico da fantasy”, perchè qua l’immaginario è del tutto diverso, sebbene in “Sand and Mercury” sia presente un campionamento della voce di Tolkien)… si fa anche fatica a descrivere questi brani, da quanto sono particolari! Che poi come si fa a consigliare qualcosa? Sono tante le gemme contenute in questo disco… L’opener “Strange Machines” è uno dei pezzi più famosi della band (l’attacco è notissimo, e merita di esserlo), “Eléanor” è un altro classico su cui Anneke si esprime in maniera davvero riuscita, “In motion # 1” è capace di incantare ogni volta che la si sente, “Leaves” e “Fear the sea”, pur trovandoli io meno riusciti dei pezzi precedenti, “fluiscono” perfettamente (“Mandylion” è uno di quei dischi da “ascolto fiume” in cui si apprezza di più la totalità che i singoli brani), la title track è una sorpresa con il suo cambio di atmosfera ed il feeling tribale, “Sand and Mercury” è probabilmente il pezzo più amato dei The Gathering (dura quasi 10 minuti, tra l’altro!), ed infine la conclusiva “In motion # 2” è un’adeguata chiusura del disco. Insomma, tutti i pezzi meritano di essere ascoltati, seppur io preferisca la prima parte del lavoro.
Conclusione: per chi non l’avesse ancora capito i The Gathering facendo entrare Anneke in formazione dopo i primi due dischi hanno trovato la loro strada, una strada che inizia con “Mandylion” (che poi probabilmente è anche il loro capolavoro) e che proseguirà con altri album belli e diversi tra loro… il mio consiglio è di avventurarvi lungo questa strada, non penso che ne resterete delusi.