Il 2004 sara’ un anno che ricordero’ a lungo per tantissimi motivi, non da poco neppure quelli sotto l’aspetto musicale, ho la fortuna di far parte di questa webzine e di trovarmi piu’ spesso di quanto sperassi a recensire dischi come questo esordio dei Ladders. Dietro un moniker che potrebbe sembrare assai anonimo ho trovato un disco che non esito un attimo a definire fantastico. Solitamente sono molto restio a dare voti particolarmente alti, qualche volta ne ho dati per dare risalto a qualche uscita veramente meritevole, questa volta il voto e’ piu’ che meritato. Come successo di recente per il grande secondo disco dei Pride Of Lions di Jim Peterik questo dei Ladder si merita un voto altisonante.
Proprio quando avevo pensato di assegnare al suddetto lavoro di Peterik la palma di miglior disco dell’anno e’ arrivato questo come un fulmine a ciel sereno, e’ ovvio fin dal primo ascolto che dietro il microfono c’e’ Steve Overland, la chitarra e’ affidata al magistrale Vinny Burns, alla batteria c’e’ l’ex FM Pete Jupp, completa la formazione il basso di Bob Skeat. Il disco si apre con un fantastico riff, uno di quelli che ti si stampano in mente subito e non si tolgono piu’, la calda voce di Overland (incredibili le sue doti di duttilita’) fa tutto il resto. I richiami agli FM o ai migliori momenti dei Night Ranger si fondono a perfezione con l’anima rock dei singoli elementi del gruppo, brani come “Dangerous” non sono infatti frutto del caso ma di un’affiatamento eccellente e di una capacita’ di scrivere musica fuori dal comune.
Il disco non ha nessun tipo di calo anzi, cresce in modo esponenziale con gli ascolti, se legate a questo aspetto l’immediatezza che lo contraddistingue forse comincerete a capire di fronte a che razza di lavoro ci troviamo. L’impostazione poi e’ tipica dei dischi di fine anni ottanta, ovvero concentrati e snelli, quindi una durata d’altri tempi, poco piu’ di tre quarti d’ora per un numero perfetto di canzoni, dieci, tutte in grado di essere scelte come singolo apripista per il disco. Sono fermamente convinto che questo disco potrebbe essere in grado di competere anche a livello di mercato con artisti piu’ celebrati della scena commerciale italiana ed estera se solo l’hard rock venisse finalmente sdoganato da quella pressante nomea di genere duro e di “nicchia”.
Ogni ascolto che ho dato a questo disco mi ha portato a considerarlo meglio tanto che ho dovuto smettere di ascoltarlo per dedicarmi alla recensione che, se avessi dedicato ancora tempo all’ascolto stesso, sarebbe stata di toni ancor piu’ trionfalistici. In definitiva un disco semplice, della giusta durata, senza punti deboli, artisti eccellenti e canzoni bellissime, tutti elementi che fanno di questo “Future miracles” una delle uscite imperdibili targate 2004, per me sicuramente fra le prime tre. Lo consiglio caldamente a tutti dato che non penso che un disco simile possa non piacere a tutti indistintamente (certo che se siete accaniti blacksters qualche difficolta’ forse l’avrete…).