Il genio di Steve Austin (da “tali” Today Is The Day) che ha onore e fortuna di guidare le potenzialità della violenza sporca, fangosa e dannatamente marziale dei The Orange Man Theory. La folle esperienza che incoccia con la spregiudicatezza dell’esordiente coraggioso ed esplode in un disco il cui titolo si mostra come sentore dell’ironia nera e della violenza controversa riservata dalle composizioni.

Un’evidente e ferrea base di hardcore sulla quale, con impatto e forza, vengono impressi elementi polimorfici, dosati con un’organicità ed una perizia disarmanti per un esordio discografico. Un disco improntato su una violenza mai sterile che ferisce, arriva a fondo e lascia traccia, manifestandosi come essenza multiforme e personale. Un’interpretazione sludge che filtra, coagula e rende propri, con le dovute distanze, il dolore strisciante ed insistente degli Unsane, il modus operandi obliquo dei Dazzling Killmen, l’aggressività sfrontata dei Converge e l’impronta isterica degli stessi Today Is The Day. Nel quadro di chaos sonoro creato, al quale non si sottrae neanche una sezione ritmica presente e propositiva, piace, per stile e decisione, l’operato di Gianni. Il frontman, adattandosi e divenendo parte integrante della variegata proposta, si produce in deflagrazioni vocali sottili e taglienti, abbandonati per stacchi al limite dell’emo quando i temi si fanno (mai mielosi ma) più cauti. Senza danni, e mostrando una sopraffina abilità nel sapersi gestire, infatti, i quattro riescono a centrare l’obiettivo di far male anche rallentando nelle atmosfere al limite del southern e del blues sofferti. L’apporto di un supervisore come il già citato Austin c’è e si sente nella produzione marchiata, lascia traccia nei preziosi ma poco invasivi synth per poi raggiungere l’apice ed esplodere nella partecipazione vocale nella conclusiva “007”, degno arrivederci. Si spera a presto, si spera con la stessa carica, si spera con un successore degno di questo magnifico debutto.

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