Mi sono trovato in difficoltà nel recensire il nuovo disco dei The Provenance, il loro quarto, ma allo stesso tempo anche il primo ad essere pubblicato dalla storica Peaceville. La band nel tempo è cresciuta, è radicalmente cambiata rispetto agli esordi, in “Red Flags” non c’è più molto di “Still At Arms Length”, la loro seconda fatica che recensii su queste pagine qualche anno fa (e già il precedente “How Would You Like To Be Spat At”, pur non andando così in là come “Red Flags”, presentava parecchie differenze rispetto a quel lavoro, tuttavia non ne parlo più approfonditamente perchè non conosco molto bene il terzo disco della band). Le lunghe composizioni si sono ora asciugate, il suono si è irruvidito, le composizioni dalle influenze prog e folk hanno lasciato spazio a brani ancora sperimentali ma più diretti ed “urbani”. “Urbano”, forse è questo il termine giusto per descrivere l’album, anche se le parti delle città che vengono richiamate da un disco nevrotico, grigio, inquieto e soffocante come questo non possono essere che i sobborghi industriali… Il gothic dei The Provenance si è ormai imbastardito e non richiama più gli Opeth, ma fa invece pensare ai ben più grezzi e schizzati Madder Mortem. Le canzoni contenute in questo cd sono dotate di una bellezza strana e malata, non colpiscono subito, ma lentamente si fanno strada sottopelle, con il loro fascino “infetto” (e la produzione volutamente sgraziata è decisamente adeguata!). Non è semplice descrivere questa musica, un gothic metal che volutamente ha lasciato per strada le velleità di raffinatezza e di eleganza per sprofondare nel “materiale”, non troverete atmosferee eteree o contrapposizioni di voci angeliche e mostruose, qua tutto è concreto come l’asfalto.
Se vi piace il gothic contaminato dovreste dare una possibilità a “Red Flags” (soprattutto se apprezzate i già citati Madder Mortem, il primo gruppo che mi viene in mente che segue un tipo di ricerca sonora simile, anche se in realtà ho notato richiami a diverse realtà dell’avantgarde scandinavo, tra cui i The Soundbyte), tuttavia un ascolto di qualche pezzo prima dell’acquisto è consigliato, vista la particolarità della proposta musicale. Una canzone molto adatta a questo scopo è l’opener “At the barricades”, isterica e combattiva, decisamente rappresentativa di tutto il disco (tra l’altro potete trovarla sullo spazio di Myspace dedicato alla band). Già questo brano dovrebbe bastarvi per farvi un’idea, tuttavia sappiate che il lavoro si mantiene sempre su livelli qualitativi elevati ed omogenei (ma d’altronde è proprio il disco in sè ad essere omogeneo e monolitico)… Insomma, “Red Flags” è stato una bella sorpresa, con le sue melodie di non facile presa, la sua cappa opprimente ed il suo andamento “sghembo” ed inquieto è riuscito a farsi strada con gli ascolti e a sorprendermi, è riuscito persino a farmi faticare parecchio per scrivere questa recensione, mica poco!