Con i tempi che corrono, tra gruppi di plastica pronti a rompersi dopo due minuti ed una qualità media omologata, presentarsi come band metalcore a metà strada tra ultimi In Flames e Killswitch Engage non è il miglior biglietto da visita per una formazione debuttante. I The Sorrow, un po’ cavalcando la cresta dell’onda, un po’ per sfacciataggine, lo fanno scoprendo il fianco a facili quanto giustificati pregiudizi.
In effetti c’è da dire che, snocciolando questo ‘Blessing From A Blackened Sky’, ci si accorge che non si va tanto lontano da quelle presentazioni che talvolta risultano tanto audaci, quanto fuori tiro. La band austriaca, infatti, colleziona un platter che, nella sua triste adesione ad ogni clichè del genere, riesce comunque a farsi apprezzare per la freschezza con cui agisce. La formula è la solita. Il death melodico più ruffiano viene fuso con l’hardcore più oltranzista in una formula sentita già chissà quante volte ma che, nel caso specifico, funziona e risulta brillante. I brani condividono lo stesso scheletro, retto su alternanza tra strofe aggressive e ritornelli in clean vocals, ma riescono a differenziarsi a dovere tra loro grazie al gusto di questi ragazzi per melodie sempre ficcanti e convincenti. Un lavoro strumentale fitto, pieno e variegato in cui spesso compaiono echi delle ritmiche che hanno reso famosi i Machine Head e sul quale non risulta difficile al dotato Mätze trovare spunti per tessere buone trame vocali. Il singer, vero protagonista del lavoro, varia con espressività e fluidità in cambi di stile che spaziano da acidi growl rubati al solito Fridèn ed un’espressività nel pulito che porta alla memoria il collega Zak Tell (Clawfinger). Una produzione piatta e fin troppo “ovattata” va ad inficiare su un disco che, pur nelle sue qualità, non riesce ad andare oltre il mero limbo delle buone band metalcore in cui, perfino chi ha un briciolo di classe, rischia di sguazzare a fatica. Bello senz’anima.