Questo nuovo album dei Threshold, il loro nono album in studio, è davvero un ottimo lavoro. La progressive metal band inglese prosegue il proprio cammino musicale con il ritorno definitivo dello storico cantante Damian Wilson.
Quello che offre “March Of Progress” è un metallo progressivo piuttosto raffinato in cui si avvertono sì le “progressioni”, ma non si perde mai il senso di canzone.
Già dall’opener Ashes si viene catturati dal groove degli inglesi e dalla bella voce cristallina di Wilson. Tutto sommato un pezzo piuttosto immediato, adatto ad aprire il disco con un refrain molto melodico e di facile assimilazione. Anche la seguente Return Of The Thought Police ha un impatto piuttosto immediato a dispetto di una struttura sufficientemente intricata.
Ovviamente non ci si ferma qui: già con Colophon si raggiunge una certa introspezione musicale, grazie a una delicatezza negli arrangiamenti e all’interpretazione azzeccata di Wilson, che esalta il mood melanconico del pezzo. The Hours è un brano ricco che sviluppa su più livelli per poi riprendere il coro principale. Davvero ben congegnato.
That’s Why We Come è un’altra ottima composizione, questa volta più lenta e dolce, in cui ancora una volta i sentimenti e le sensazioni prendono il sopravvento. Damian Wilson strappa applausi.
In verità tutti i brani sarebbero da citare vista la ricercatezza e la cura con cui sono stati concepiti, nonché l’abilità dei musicisti nel renderli di un livello superiore.
La chiusura spetta ad un altro highlight del disco, la lunga The Rubicon, composizione epica, ricca di sfaccettature e supportata alla grande da ottimi fraseggi strumentali.
I Threshold, forse non conosciutissimi, si confermano al top per quel che riguarda un certo tipo di metal “colto” e progressivo, loro e pochi altri, come ad esempio gli Shadow Gallery.
Il fatto che un colosso del metal come la Nuke si sia scomodato per promuovere questi musicisti non è casuale.