Tuchulcha è il nome di un dio etrusco raffigurato con corpo d’uomo, orecchie d’asino, capelli formati da serpenti, becco da rapace ed ali e zampe d’uccello. Da qui parte quindi un quintetto della provincia di Pisa per costruire la propria proposta fatta di un death metal ricchissimo di groove e con accenni al thrash. Come termine di paragone provate a pensare ai Six Feet Under che jammano con gli Obituary e più o meno avrete ciò che il combo di Volterra propone, quindi tutto sta nei confini della vecchia scuola. Certo, niente di nuovo sotto il sole, ma il prodotto in questione è un insieme di putrescente carne macellata da cinque loschi individui e si fa ascoltare più che bene. Pezzi come Odium, As The Water Fall o l’iniziale titletrack sono decisamente ben riusciti e riescono nell’intento di far scapocchiare a dovere l’ascoltatore. Il limite più grande (o il pregio migliore, se preferite) dei Tuchulcha è quello di non uscire mai dal seminato del death metal, nemmeno per un secondo, in un disco fatto di ritmiche potenti, melodie grasse ed abbondantemente dissonanti nonché liriche letteralmente vomitate in pieno volto. Di conseguenza, se non riuscite a digerire tutti questi elementi, non pensate nemmeno lontanamente di avvicinarvi a questo gruppo, ma se invece il vostro pane trasuda vermi putrescenti ed il companatico è per lo più formato da resti di carcasse umane, allora non avrete alcuna difficoltà a supportare una realtà come quella dei Tuchulcha. Per stare nel mezzo, diciamo che il gruppo dovrebbe riuscire ad inserire qualche spunto più personale nel proprio death metal, altrimenti rischierà di essere confuso tra le fila di epigoni che popolano la scena musicale internazionale.

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