Ancora sapore di hardcore, ancora Ferret Music, ancora il piacere di un disco godibile, onesto, sentito. Come da copione. Il secondo album dei Twelve Tribes lancia undici brani frenetici, imparentati in modo stretto con l’hc più sfrontato e sofferente, ma non per questo debitore o derivativo.
Siamo di fronte al classico album in cui, nonostante non si voglia e non si provi ad inventare nulla, vige una personalità forte, ben delineata, che attanaglia dal primo all’ultimo minuto. Le sonorità a cui si affidano i cinque autori di ‘Midwest Pandemic’ sono prevalentemente quelle di un hardcore newyorkese che non disdegna di imbastardirsi in qualche suggestiva melodia, rare cleans ed impercettibili ma piacevoli influenze metal. Growl monotono, monolitico ma suadente, quintali di riff omogenei e quadrati (che ricordano i Converge più intransigenti), farciti da una produzione perfetta caratterizzano un disco che sta largo nel riconoscere proprie capacità e limiti. Un lavoro compatto, organico, forse troppo a lungo andare, ma riuscito in tutti i suoi brani caratterizzati da quel pathos richiesto da chi non riesce a fruire di violenza sonora gratuita e fine a sè stessa. Mancano la voglia di osare, di apparire moderni ed originali, di ricercare scelte spiazzanti e varietà, insomma, tutti aspetti secondari per chi è portato ad amare un disco del genere. Rispetto e supporto.