A volte la difficoltà principale per chi scrive una recensione sta nel riuscire a “decifrare” album particolarmente strani; di fatto però è assai più complicato parlare di dischi molto classici, dato il ben maggior rischio di finire a raccontare le solite quattro banalità.
Come facilmente intuibile, i dischi del buon vecchio Udo Dirkschneider non appartengono di certo alla prima categoria, anzi, tutt’altro. “Thunderball” è la nona fatica solista dell’ex frontman degli Accept, ed ancora una volta, con una coerenza encomiabile, il menu prevede una serie di brani dominati dai riff squadrati e dagli assoli ad alto volume della coppia d’asce Kaufmann/Gianola nonchè, ovviamente, dalla rauca voce del tarchiato singer in mimetica.
La mancanza di “originalità”, se bilanciata da canzoni di qualità, non è per quanto mi riguarda un grosso problema, ed in questo “Thunderball” figurano alcuni pezzi certamente buoni che gli guadagnano una sufficienza piena.
Su tutti spiccano “Pull the Trigger” (la mia preferita del disco), l’incalzante “Fistful of Anger”, la veloce “Hell Bites Back” ed anche, ovviamente, la classicissima title-track.
In altri momenti, al contrario, la formula sembra mostrare un po’ la corda, come ad esempio nel caso di “The Arbiter”, “Tough Luck II” o “The Magic Mirror”, se vogliamo piacevoli ma che scorrono via senza lasciare quasi nulla.
Una menzione speciale merita invece “Trainride In Russia (Poezd Po Rossii)”, divertente (e comunque ben riuscito) omaggio al fedele pubblico dell’ex-URSS… non vi anticipo null’altro!
Un disco assolutamente non fondamentale ma tutto sommato piacevole, che soddisferà di certo i fan più fedeli. Per chi avesse scarsa familiarità con Udo e gli Accept, invece, il consiglio è sempre quello di partire dai classici di questi ultimi e di approfondire solo in seguito la (discreta) carriera solista dell’inossidabile Dirkschneider.