Noioso. E’ purtroppo questo il primo aggettivo che mi viene in mente quando penso a “A Sailor Lost Around The Earth”, secondo disco dei Valerian Swing. I nostri connazionali hanno infatti inciso un disco post-math core piuttosto pretenzioso (è praticamente solo strumentale e i pezzi non hanno una struttura ben precisa, ma mischiano post rock, intenzioni progressive, richiami settantiani e influenze alternative in una miscela non ben definita) che ho faticato non poco ad ascoltare fino in fondo un numero di volte sufficiente per una recensione non frettolosa. I pezzi sono così mutevoli al loro interno che non hanno una identità, col risultato paradossale da non distinguersi nemmeno uno dall’altro, e il tutto mi è sembrato un continuo potpourri che vorrebbe essere originale ed interessante, ma che personalmente ho trovato poco riuscito e per nulla accattivante (tra l’altro gli sfoggi di tecnica non mi fanno molta impressione, se non servono a supportare delle sensazioni).

Non assegno un’insufficienza a questo disco, formalmente non se la merita e ci sono lavori molto più dozzinali di questo a cui in passato l’ho assegnata (anche se va detto che probabilmente li ho ascoltati più volentieri di “A Sailor Lost Around The Earth”), tuttavia non mi capitava da diverso tempo un album capace di farmi “soffrire” così per recensirlo.

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