I Vehement sono una band veronese che si presenta sul mercato con un lavoro uscito già quache tempo fa ma che ora gode della preziosa ed importante spalla della My Kingdom Music. Ci propone questo “All That’s Behind”, suo primo lavoro sulla lunga durata.
Un lavoro ben ragionato, che dimostra la sfrenata passione dei nostri quattro thrasher per i capisaldi del genere, Testament e Slayer, e per i più moderni Trivium, per un condensato di dieci canzoni che, a dire il vero, si somigliano molto e non escono nemmeno per un secondo “dal seminato”, ma che con la loro grinta decisa e la loro noncuranza del pensiero altrui si lasciano ascoltare piacevolmente, pur risultando alla fine un po’ monotone.
Suonate bene, questo bisogna dirlo, tutte le tracce, quello che manca è forse un pizzico di intraprendenza, ma forse tutto ciò è dovuto alla lunga gavetta svolta dalla band, per anni cover band di Metallica e non solo, che ora si ritrova, consapevolmente o meno, a riproporre quel suono deciso e convinto. Senza un minuto di stanca, senza soste, senza soprattutto cali di tensione, i 45 e passa minuti scivolano via che è un piacere, tra una song un po’ più varia (“Memento Mori”) in cui la muscia ha il sopravvento sul cantato per un crogiuolo di assoli prima di drums poi di chitarre, validi nella loro classicità estrema, quasi a condensare un progressive-thrash notevole in questa song, che si trascina a ruota “High Blood Pressure “, song decisamente più canonica ma ben preparata.
Manca però un po’ di inventiva e intraprendenza in tutto il disco.
L’album risulta di difficile comprensione e districarsi tra le song è complesso, non esistendo ritornelli riconoscibili dopo pochi ascolti.
La voce appare più a suo agio sul clean incazzato che non sulle parti (a dire il vero non moltissime) di growl.
Bella e intrigante la partenza, in cui si viene catapultati nel bel mezzo di una diretta tv con commento concitato di un giornalista che sta assistendo ad un golpe militare in uno stato di lingua spagnola (sudamericano?), orchestrato in modo tale da portare (non so se siano registrazioni reali o costruite a tavolino) chi ascolta proprio in quei concitati attimi e in quei luoghi sanguinosi.
Poi parte la falciata musicale.
Una nota piacevole è l’artwork, questo sì innovativo e particolare, curato da Nerve Design, già autrice di copertine simbolo per Nile, Necrodeath e Legion Of The Damned.
Dunque ricapitoliamo: un album ottimo per gli amanti del genere, e per tutti gli altri un lavoro che potrebbe aver presentato al grande pubblico un buon prospetto futuro per il Thrash made in Italy, che per ora è giunto fino a dove si trova lavorando per gradi (cover band dei propri idoli, poi demo, infine primo lavoro buono ma un po’ canonico), ma che ora deve necessariamente riuscire a creare una propria personalità. Attendiamo il prossimo passo.