Arrivano dalla Svezia i VII Gates. Giungono qui al loro secondo album, e ci danno subito dei grattacapi. Che scrivere di questo disco? Tanti stili, tante influenze, ma alla fine poca sostanza mi verrebbe da esprimere. Anche se gli spunti buoni e le potenziali grandi canzoni certo non mancano. Andiamo per ordine. La iniziale “The Skyrider” è una canzone alla Judas Priest, 100% Priestiana, con un solo problema: Criss Blackburn non è Rob Halford, e nemmeno ci si avvicina, rendendo la canzone un po’ pesante e soprattutto incompiuta.
Segue una canzone in cui la voce, sempre di piena ispirazione Halfordiana si sovrappone a un misto sonoro tra Def Leppard e Rhapsody On Fire, con gli arrangiamenti e le orchestrazioni di questi ultimi, con keyboards (ben suonate a dire il vero) su tutto e tutti, per una song prolissa e in alcuni tratti simile alle colonne sonore dei videogames di dieci anni fa tanto le note delle tastiere sono artefatte, ma alla fine una buona song, che anticipa l’arrivo degli sposi! “March Of The Amazones” è infatti la versione metal della marcia nuziale, usata come opener per la valida “Answer To You, Heart (Stranger In The Dark)”, anche qui forse un po’ troppo lunga ma convincente. Le note positive però finiscono qui o quasi. “Immortal (Hymn To The Prison Guard)” è una song bella e complessa, che precede il baratro, ovvero tante song lunghe e troppo simili tra loro. Non malvagie, ma senza nulla da rimarcare e nulla che entra nella testa., semplicemente musica che scorre. Forse le idee erano finite? O semplicemte si è calcato troppo la mano sulle tastiere dimenticandosi della validità della sei corde, relegata troppo spesso al ruolo di spettatore nei brani. E troppo si è insistito sulla voce del singer Criss, che io trovo personalmente molto più valida su accordi “umani”, mentre decisamente c’è troppa strada da fare sulle tonalità alte o altissime quali quelle del già più volte citato “God Of Metal”. Le song sono un po’ sempliciotte e piacione ,ma questo non essere nè carne nè pesce è un punto di debolezza piuttosto che di forza. Peccato, mi viene da dire, ma di strada da fare qui ce n’è ancora parecchia…