Forti di una line up in parte rinnovata e ancora una volta coadiuvati dalla sapiente mano di Timo Tolkki tornano i Vision Divine con un nuovo album, “The 25th Hour”, che si allontana dalle scelte musicali e liriche raccolte con il precedente “The perfect machine” tornando ad abbracciare quelle sonorità che resero famoso “Stream of consciousness”.
Come sempre la direzione musicale intrapresa dalla band è un power metal molto veloce fatto di fraseggi nervosi ed aggressivi con continui cambi di tempo e improvvise accelerazioni che ben ci illustrano il climax oscuro di questo concept che ruota attorno ai contenuti di un diario scritto dallo stesso uomo protagonista del fortunato album del 2004.
L’intero disco è inoltre in continuo collegamento con il precedente “racconto” e spesso sono riprese soluzioni musicali e liriche, come accade con “Out Of A Distant Night (voices)” che nella sua intro ci riporta con la mente a “La vita fugge”, che trasportano la mente a “Stream of consciousness”. Si parte con un brano veloce e diretto come “The 25th hour” e si torna al passato con ottime melodie che accompagnano la voce di Michele Luppi, senza troppi problemi protagonista indiscusso di questa nuova opera. Ancora grandi atmosfere e senso del gusto con “Alpha & Omega” con un Olaf Thorsen sugli allori capace di alternare parti tirate e aggressive con momenti più melodici e ritmati che rendono il brano affascinante sotto molti punti di vista; “Eyes of a child” spiazza l’ascoltatore con il suo intro di pianoforte trasformandosi poi in una veloce power song dove ancora una volta è il nostro Olaf nazionale a fare la parte del leone; si rallenta un po’ il tiro con “The Daemon You Hide” brano che alterna parti acustiche con momenti più aggressivi e sperimentali ma sempre con la classe e l’inconfondibile stile creato oramai dai Vision Divine mentre “The essence of time” è forse il brano meno riuscito dell’intero album nonostante presenti ancora una volta un ritornello frizzante con un tempo di batteria piuttosto vario ed incalzante che allontana il pezzo dai classici cliché del power metal tradizionale. Sparata a mille è la successiva “A perfect suicide” mentre davvero da brividi è “Heaven Calling” unica ballata del disco, con un Michele Luppi autore di una prestazione vocale da brivido, anticipa la conclusiva “Ascension” brano che riprende, sotto tutti i punti di vista, la malinconia di “Identities” ricreandola in una veste più moderna e fantasiosa.
Alla fine dei conti “The 25th hour” è un album niente male, i Vision Divine continuano a suonare la propria musica senza cercare di variare o aggiungere qualsivoglia nuovo elemento alla propria essenza. Un lavoro sincero e genuino capace di unire potenza e melodia in un unico mix e capace sicuramente di tenervi incollati alle casse dello stereo grazie anche all’interessante concept che ruota attorno ad esso.