Nato inizialmente con il moniker di “Opus Dei”, il nuovo progetto del vulcanico e geniale Steve Sylvester, già guru spirituale e musicale dei Death SS, band che ha fatto la storia dell’Heavy Metal italiano, è stato bloccato pochi giorni prima del lancio sul mercato dalla nota organizzazione religiosa (già oggetto di poco gratificanti “complimenti” nel best seller Il Codice Da Vinci di Dan Brown), con diffida di utilizzo del nome sopra in oggetto.
Dopo mesi di travaglio ecco dunque questo progetto, nato da un incontro tra Steve e JJM Masini, già bassista e compositore dei fiorentini Soul Hunters. Ai due si sono aggiunti poi Freddy Delirio (Death SS), Gherardo Monti e Lorenzo Calonaci.
Quello che ne è scaturito è un lavoro in cui il protagonista indiscusso è indubbiamente il carismatico Steve Sylvester, che chiusa la parentesi Death SS mostra di non saper proprio star tranquillo e di non aver pace lontano dal mondo della musica.
Il timbro di voce del singer è quelllo di sempre, distaccato, a tratti meccanico, a tratti tratti gothic, ma sempre unico ed espressivo all’inverosimile, tale da trasmettere emozioni contrastanti all’ascoltatore, passando dalla rabbia al drammatico, al disperato .
Già solo le linee vocali potrebbero far accapponare la pelle a tutti coloro che come il sottoscritto hanno amato profondamente la sua precedente band.
A questa prestazione maiuscola si aggiungono quelle di tutti gli altri componenti, che lavorano all’unisono per creare un’opera che si lascia ascoltare con enorme piacere dall’inizio alla fine, tra inserti tecnologici che a sprazzi compaiono a supportare keys, chitarre, basso e drums in grado di creare uniformità e rotondità musicale ottime.
Song estremamente espressive, come da sempre Steve ci propone: drammatiche alcune (” Liar”), decisamente più heavy e dirette altre (la ottantiana “Desperation”), in un continuo susseguirsi di attimi gothic e istanti hard rock con un pizzico glam quà e là, in un disco in cui trovano alloggio (ottimo peraltro) anche sinth che farebbero la felicità degli appassionati di dark-goth, ma che rendono accattivanti le song, caricandole ulteriormente di patos ed energia.
Energia negativa, poichè i brani sono oscuri e crepuscolari a tratti, ma pur sempre dotati di una personalità evidente e sofisticata.
“Out of Time” è proprio un esempio di quanto appena descritto: modernità al servizio del metal, tra discoteca e mondo oscuro heavy.
Un blend che colpisce e piace, e che pur non parlando di album imprescindibile, servirà a far apprezzare questo gruppo anche a chi si è allontanato o non si è mai avvicinato all’universo dark.
Un lavoro corredato da uno splendodo book di 16 pagine in cui i nostri si mettono in gioco mostrando i loro muscoli e le loro forme prima, tra motociclette e vestiti di pelle, fino a giungere alle pagine finali ad un particolarissimo set di foto in abito da “gran galà”: sono abiti che da Steve Sylvester forse non ci saremmo mai aspettati ma che sono assolutamente in tono con le song contenute in questo debutto: belle, eleganti, dirette.