Quello dei Watch Me Bleed è un disco con delle enormi potenzialità: innanzitutto la band annovera il chitarrista Markus Pohl ed il batterista Steffen Theurer, già in forza nei Mystic Prophecy il primo ed entrambi nei Symphorce. Poi c’è Andy B. Frank dei Brainstorm come ospite, sintomo di qualità garantita. Come se non bastasse, oltre a questo, sul flyer che accompagna la copia promozionale, il sound della band viene descritto come: “Thrash, Death ed un pizzico di Hardcore e Power Metal, il tutto mixato ad un fantastico ed eccitante metal-sound”. Fantastico! Allora questo è il disco dell’anno! Se c’è la garanzia che siano tutti professionisti e che abbiano creato una miscela così nuova, allora non ci sono dubbi, i Watch Me Bleed rientreranno di diritto nelle poll di fine anno di tantissimi giornalisti, sia italiani che internazionali… E invece no. Gli elementi citati dalla casa discografica ci sono tutti, ma non sono miscelati in maniera così esaltante come si vorrebbe far credere ed il tutto finisce per diventare canonico e noioso dopo pochi minuti.
Ma andiamo con ordine. Questione uno: la lineup. Essa è costituita da due cantanti che si alternano dietro al microfono in cerca di una maggiore dinamicità che, a conti fatti, non persiste all’interno di “Souldrinker”. Seguono poi un chitarrista che inanella riff carini, ricchi di groove e con qualche buono spunto (“Dead Sky, Black Sun”) ed una sezione ritmica che fornisce un po’ di tiro, soprattutto il batterista. Di fatto non c’è nessun membro della band che spicchi rispetto ad altri, in quanto tutti si assestano su livelli abbastanza normali, non eccessivamente tecnici, anche se piuttosto precisi in quello che fanno.
Questione numero due: il genere. I Watch Me Bleed suonano, in parole povere, un thrash/death-core molto moderno e carico di groove, ma altrettanto anonimo. L’unica concessione alla personalità sono gli assoli che spesso sfociano in territori più cari all’heavy classico o al power (riferimento da prendere con le molle) che non al metal moderno.
Questione tre: l’ospite. Chi l’ha detto che basta un nome pseudo-famoso per risollevare le sorti di un album già di per sé mediocre? Infatti non è affatto sufficiente, nonostante il brano che vede protagionista l’ospite in questione (Andy B. Frank, in forza nei Brainstorm e compagno di avventure di Pohl e Theurer nei Symphorce) sia il migliore dell’intero lotto, in quanto il più vario.
Tirando le somme, “Souldrinker” è un album canonico, fatto di quel metal moderno fiacco e privo di mordente, con una produzione e dei suoni molto belli, ma che sembra assemblato in poco tempo giusto per soddisfare un trend momentaneo destinato irrimediabilmente a spegnersi. Sicuramente i Watch Me Bleed avranno un loro perché dal vivo, ma su disco non appaiono affatto necessari. Lavoro mediocre che resterà sugli scaffali dei negozi a prender polvere.