Un errore nel quale spesso può capitare di incorrere è quello di identificare il periodo di maggiore notorietà di un musicista con quello di migliore qualità: ne consegue una sorta di diffidenza aprioristica verso ciò che non è una “hit”, con il rischio di trascurare materiale altrettanto se non più valido.
I Winger vissero il proprio periodo di gloria con i primi due album, fra il 1988 e il 1991, ne pubblicarono un terzo migliore ma di minor successo nel ’93 (“Pull”), dopodiché ciascuno dei membri si dedicò ad altri progetti: lo stesso Kip Winger non rimase con le mani in mano, producendo tre ottimi dischi solisti che, sebbene penalizzati dal discorso di cui sopra, i veri fan e gli ascoltatori più smaliziati non si sono fatti sfuggire.
Finché oggi, nel 2006, alle estemporanee reunion della band nel 2001/02 fa finalmente seguito un nuovo album di inediti che, nonostante le grandi luci della ribalta siano ormai spente, può considerarsi semplicemente il migliore della loro carriera.
Scordatevi i ritornelli un po’ “naïve” del primo album, l’inconcludenza del secondo, i testi banalotti di entrambi ed anche le loro orribili copertine: “IV” è un album che ci restituisce gli stessi, incredibili musicisti, ma notevolmente maturati e liberi da cliché e costrizioni.
Stilisticamente l’album riprende alcuni aspetti del sottovalutato “Pull”, mediandoli con la raffinatezza dei lavori solisti di Winger e riproponendo gli elementi classici del proprio sound in modo nuovo, attuale, sicuro e totalmente convincente.
Le melodie, se da un lato hanno perso quasi ogni retrogusto blues, dall’altro risultano fra le più belle e memorabili mai scritte da Kip Winger, che anche vocalmente pare aver raggiunto la propria maturità tecnica ed espressiva.
Una buona metà del merito per questo ottimo album va tuttavia al sensazionale contributo del co-fondatore (e co-autore) Reb Beach, che si conferma uno dei migliori chitarristi in circolazione, uno di quelli in grado di non suonare mai due volte la stessa cosa, come solo pochissimi (Gilbert, Kotzen…chi altro?) sanno fare.
La produzione nitida e profonda è presupposto ideale per brani come l’oscura opener “Right Up Ahead”, cui non potrete fare a meno di ripensare continuamente e che vi stregherà al pari della sostenuta “Four Leaf Clover” e della sinistra “Disappear”; “M16” è un altro picco di un disco che in realtà non conosce cali qualitativi, forte di testi finalmente a livello della musica e capace di spaziare dalla dolcezza malinconica di “On a Day Like Today”, alla carica di “Short Flight to Mexico”, fino alla jam quasi fusion di “Generica” (a ricordarci la presenza del fuoriclasse Rod Morgenstein alla batteria).
Inutile dilungarsi oltre a parlare degli altri brani: non ci sono filler fra le undici canzoni che compongono “IV”, un disco completo, maturo, piacevole ed affascinante.
Sicuramente una delle migliori 3-4 uscite dell’anno, ascoltare per credere.
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