Quello del recensore, come quello di chiunque esprima giudizi senza una replica diretta, è un mestiere comodo, semplice e spesso indisturbato. Ci sono casi in cui, complice la sterilità dell’opera da analizzare, il compito di cui sopra passa dall’essere semplice al risultare scolastico, banale, retorico. Perché una premessa del genere? Giustificarsi dalla prefabbricazione delle parole che seguono.

Sterilità. E’ la caratteristica che più di ogni altra caratterizza ‘Razernij’, terza fatica in studio dei Winter Of Sin e testimone di un’ispirazione, più che assente, tremolante ed indecisa. Dieci composizioni dal sapore Black-Death che finiscono ben presto per annoiare, autocitandosi, citando nomi pesanti e facendolo in maniera quanto mai scontata e prevedibile. Che i Winter Of Sin siano buoni manuali, con padronanza dei propri strumenti, resta fuor di dubbio così come è innegabile che la produzione sia perfettamente in linea con le altre uscite del genere. Uscite da cui i nostri prendono ispirazione in maniera tanto sfacciata, quanto disordinata restituendo un prodotto che non segue una né precisa, né tantomeno godibile. Un puzzle sonoro di stereotipo messo su con un collante di scarsa presa. E’ così che quelle chitarre sempre in prima linea, e rubate a piene mani dai Dissection, si scontrano e stonano con il lavoro di quelle tastiere che, nell’intenzione di voler creare un effetto Belphegor, stonano cadendo nel barocco e nel cattivo gusto. Manca qualcosa? La cantilena su un disco che si fa fatica dal digerire fin dal primo ascolto e che ben presto finirà nell’inferno dei “presto dimenticati”. Sconsigliato.

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