Asseriscono di suonare numetalcore, ma hanno piuttosto poco di metalcore ed assolutamente nulla di nu. Sono gli Zorn, giovane band genovese al debutto discografico con l’album in esame.
Il loro ‘Sententia’, oltre ad essere caratterizzato da uno degli artwork più brutti visti quest’anno, ha la peculiarità, testimone di grande coraggio, di essere interamente cantato in italiano. Gli otto brani dell’opera, registrati sotto la preziosa supervisione del sempre più impegnato John (Necrodeath), fanno fortemente riferimento a quel thrash impreganto di protesta che ha reso famosi i Sepultura di ‘Chaos A.D.’ e ‘Roots’. Dunque riff estremamente semplici, stoppati e granitici che, con groove ed una continuità aggressiva, si muovono su ritmiche estremamente dinamiche guidati dall’ugola sporca, arrabbiata e roca di Joe. Il singer, coadiuvato nei cori di ben quattro brani dal grande Zanna (Raza De Odio, ex-Sadist), mostra il classico stile che la tradizione del genere impone: quel growl strozzato e volutamente monocorde lanciato anni fa da Cavalera ed oggi ripreso da molti. Tracce di hardcore sporco arricchiscono qua e là una proposta che non vuole nè sorprendere, nè strafare ma puntare dritta all’obiettivo di picchiare facendo male. Obiettivo che, nonostante il rischio di monotonìa dopo ascolti iterati, è centrato in pieno grazie alla giusta attitudine ed un’essenzialità ordinata e decisa.
Autori che conoscono sè stessi ed i propri obiettivi, onesti musicisti che non si mostrano pretenziosi e (a differenza di molti colleghi) non vanno per le lunghe, lanciando soli trenta minuti di onesto thrashcore nervoso a dovere. Trenta minuti per urlare, scaricarsi e per mostrarsi una band meritevole di rispetto.